“Parthenon”: un film sul destino che è soprattutto un vortice visivo

Mantas Kvedaravicius dirige una storia semplice, che viene soffocata dall'estetica prorompente

Un film di Mantas Kvedaravicius. Con Mehdi Mohammed, Hanna Bilobrova, Garip Ozdem,  Rita Burkovska. Drammatico, 119′. Lituania, Ucraina, Francia 2019

“Non piangerò per il rammarico, ma per la paura di non essere in grado di soddisfare la mia passione” disse lei. Il giorno che ad Istanbul nevicò, Garip uccise Mahdi. Erano Garip e Sofia ad essere follemente innamorati un tempo. Questo accadeva ad Odessa, ma tutto cominciò quando la sabbia del Sahara ricoprì la città di Atene. Di chi era questo ricordo? O di chi sarà?

 

In concorso nella Settimana della critica di Venezia 2019, “Parthenon” di Mantas Kvedaravicius è un film sull’impossibilità di opporsi al proprio destino.

Atene, un bordello fetido e sporco: sembra un punto di partenza, forse di arrivo. Sogni nel deserto, omicidi inaspettati e amori disperati. La vita di un uomo è legata a tre storie diverse: a quella di un pittore, a quella di un gangster rincorso dalla sfortuna, a quella di una prostituta. Il suo destino sembra farlo fluire dentro ognuna di esse.

La fotografia del film a tratti è troppo virtuosistica, con piani sequenza lunghi, davvero troppo lunghi, ma comunque meravigliosa nel suo insieme. La sceneggiatura rimane soffocata dall’estetica, con una storia solida eppure semplice, breve e pertanto diluita.