“Paranormal”: la prima serie egiziana su Netflix regala brividi ed emozioni

L'horror si sposa con una vena ironica nella serie tratta dai romanzi di Ahmed Khaled Tawfik

Ahmed Amin in una scena di "Paranormal". © Batool Al Daawi

Una serie diretta da Amr Salama, Majid Al Ansari. Con Ahmed Amin, Reem Abd El Kader, Samma Ibrahim, Razane Jammal, Aya Samaha. Drammatico, horror. Egitto. 2020

 

Il 2020, almeno in campo televisivo, continua a regalarmi delle inaspettate e piacevoli sorprese. Mai infatti avrei immaginato di vedere e apprezzare una miniserie egiziana, superando i miei pregiudizi da tele-dipendente ancien régime.

Chi poteva riuscire nell’impresa di unire paranormale e fascino dell’Egitto in maniera convincente se non Netflix?

Per “Paranormal” il colosso del video-streaming ha avuto anche la fortuna di potersi appoggiare a una serie di romanzi di grande successo, quelli dello scrittore e fisico Ahmed Khaled Tawfik. Agli sceneggiatori non è rimasto “altro” che ampliare la storia con creatività.

Questa prima produzione seriale di Netflix realizzata interamente in Egitto non è del tutto esente da criticità, ma fin dal primo episodio è possibile apprezzarne l’originalità, il taglio malinconico ed esistenzialista abbastanza particolare rispetto al panorama seriale contemporaneo.

Il protagonista, il dottor Refaat Ismail, ci viene presentato come una via di mezzo tra un nerd troppo cresciuto e un Dr. House ematologo, cinico e allergico alle relazioni stabili. La sua vita è stata segnata sin da bambino, dall’incontro con la misteriosa Shiraz…

Avete presente la Sette piaghe d’Egitto? Ecco, contro il “povero” Refaat e i suoi cari si scatena contro qualcosa di simile. Tra maledizioni, lutti e battaglie demoniache, il protagonista dovrà anche destreggiarsi in un delicato triangolo amoroso.

“Paranormal” è una serie che affascina e spaventa ma sa anche regalare momenti leggeri e ironici. Questo mix di generi ed emozioni risulta convincente grazie alla magistrale performance di Ahmed Amin, davvero perfetto nel ruolo del dottor Refaat.

L’attore è riuscito nel compito di dare sostanza e anima al suo personaggio, uomo prima che medico alquanto restio ad accettare qualcosa che esca dagli schemi. Amin indossa con umanità e pathos le vesti dell’eroe tragicomico, risultando credibile e naturale anche nei passaggi narrativi più deboli e fiacchi.

La sceneggiatura non convince del tutto per almeno due motivi. Da una parte lascia colpevolmente poco spazio ai co-protagonisti, che risultano solo abbozzati (le due “donne” di Refaat, ad esempio, alla lunga hanno un ruolo piuttosto anonimo); dall’altra risolve i punti cruciali dell’intreccio in modo spesso sbrigativo e frettoloso.

Punto di forza della serie è invece la colonna sonora, che con le sue musiche suadenti e ipnotiche accompagna lo spettatore in questo viaggio, ben ricostruito, nell’Egitto degli anni ‘60.

Tirando le somme, “Paranormal” è un horror dall’originale respiro esistenziale-amoroso, che incuriosisce lo spettatore tanto da invogliarlo a “far fuori” velocemente i sei episodi che compongono la prima stagione, per scoprire l’identità di chi ha maldetto Refaat Ismail.

Il mistero viene svelato in modo diabolico nell’ultima puntata, che fa presagire una probabile seconda stagione, quanto mai necessaria agli occhi dello spettatore, che non vede l’ora di conoscere le altre leggi del dottor Ismail, ironica ed egiziana nemesi di quelle di Murphy.