“Ognuno accanto alla sua notte”: recensione del romanzo di Lia Levi

In una cornica contemporanea si inseriscono tre racconti ambientati nella Roma delle leggi razziali

Un libro potente ed emozionante, che riesce a coinvolgere e scuotere il lettore in profondità. È uscito il 13 gennaio per E/O Ognuno accanto alla sua notte” di Lia Levi. Una lettura molto appropriata per questo periodo dell’anno.

Doriana, Giselle e Saul – divorziata la prima, vedova la seconda, futuro nonno il terzo – si incontrano a un corso d’inglese e finiscono a studiare insieme nella casa di campagna della prima. Qui saranno quasi costretti ad affrontare il passato, raccontandolo.

La cornice iniziale, quasi una sorta di Decameron contemporaneo, racchiude storie di dolore e deportazione, ambientate nella Roma delle leggi razziali.

Uno scrittore di teatro è costretto a nascondersi all’ombra di un “prestanome”. Una coppia di giovanissimi, Colomba nella schiera delle vittime designate e Ferruccio figlio di un persecutore, riescono a strappare dal buio una notte d’amore. Un padre e un figlio si confrontano sul ruolo di una classe dirigente non all’altezza di proteggere il proprio gregge.

Scorrevole e ben scritto, “Ognuno accanto alla sua notte” ha la capacità di far riflettere sull’Olocausto da un punto di vista, se vogliamo, diverso dal solito: quello dei sopravvissuti, diretti ma anche indiretti. Non solo chi ha provato certe tragedie sulla propria pelle, è una vittima. Talvolta la tragedia ci segna anche se ci tocca indirettamente.