“Non sarò mai la brava moglie di nessuno”: il libro di Nadia Busato

Il libro edito da SEM scava nella storia di Evelyn McHale, dando voce a una galleria di personaggi

Penso che “Non sarò mai la brava moglie di nessuno“, edito da SEM, non sia un libro adatto a tutti. Servono una grande stabilità e una grande forza, prima di tutto mentale, per uscire indenni dalla lettura del libro di Nadia Busato.

Addentrarsi in questa storia, in queste vite, significa mettersi in discussione, mettersi in gioco. Significa accettare di compiere un viaggio che non necessariamente ci piacerà, e che quasi sicuramente ci lascerà diversi da come eravamo all’inizio. Se pensate di essere all’altezza, accomodatevi.

La mattina del 1 maggio 1947 Evelyn Francis McHale, impiegata 23enne, sale fino alla terrazza panoramica all’ottantaseiesimo piano dell’Empire State Building e si lancia si sotto, finendo il suo volo sulla limousine di un diplomatico delle Nazioni Unite, parcheggiata 381 metri più in basso. Un biglietto scritto a mano è tutto quello che resta di lei.

Non voglio che nessuno mi veda, nemmeno la mia famiglia. Fatemi cremare, distruggete il mio corpo. Vi supplico: niente funerale, niente cerimonie. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Ma io non sarei mai la brava moglie di nessuno. Sarà molto più felice senza di me. Dite a mio padre che, evidentemente, ho fin troppe cose in comune con mia madre.

La fotografia del suo cadavere, miracolosamente intatto e bellissimo, scattata da un giovane fotografo sconosciuto subito dopo lo schianto, diventa una delle immagini più celebri e potenti mai pubblicate da LIFE Magazine – immagine che ha suggestionato la moda e l’arte delle avanguardie pop.

Nella storia familiare e personale di Evelyn non c’è traccia di depressione o di abuso, di violenza o di disperazione. Sesta di sette figli, cresciutaca dal padre dopo il ritorno della madre in California, stava organizzando il matrimonio con il fidanzato.

Perché uno muore quando vuole morire? Il libro della Busato ruota tutto intorno a questa domanda. Cosa sia davvero successo quel giorno e nella vita di Evelyn non lo sapremo mai. “Non sarò mai la brava moglie di nessuno” dipinge però un quadro plausibile degli eventi, mescolando realtà e finzione, e dando voce a una serie di persone che, in un modo o nell’altro, sono collegate alla storia della ragazza. E ai suicidi dell’Empire State Building.

Si inizia dalla madre, Helen Constance McHale, che divorziò dal marito e lasciò la famiglia quando Evelyn aveva sette anni, passando poi a una delle commilitone di Evelyn nei WACs (Women’s Army Corps), a Friedrich Eckert, negoziante del Queens di trentadue anni che nel 1932 fu il primo a suicidarsi gettandosi dall’Empire State Building dopo la sua inaugurazione (in totale, dalla sua costruzione il palazzo ha totalizzato 36 suicidi), fino a Elvita Adams, che nel 1979 si è buttata di sotto ma è sopravvissuta.

Quello che emerge da tutti questi piccoli, grandi tableau è soprattutto il ritratto psicologico dei personaggi. Uomini e donne con un’intensa vita interiore, che ci rendono partecipi fin nei dettagli di ciò che pensano, provano, vivono.

Evelyn resta la figura più enigmatica di tutte, nonostante ognuno degli altri personaggi ritratti ci racconti in qualche modo qualcosa di lei, delle sue motivazioni – anche quelli che non l’hanno conosciuta, che sono morti prima, o nati dopo. Evelyn resta un mistero.