“Non ci resta che il crimine”: tre amici, un varco spazio-temporale, gli anni ’80

Un cast di livello, dove brilla il "cattivo" Edoardo Leo, per la nuova commedia di Massimiliano Bruno

Un film di Massimiliano Bruno. Con Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi, Ilenia Pastorelli. Commedia, 102′. Italia 2019

Roma, 2018. Tre amici di vecchia data, con scarsi mezzi ma un indomabile creatività, decidono di organizzare un “Tour Criminale” di Roma alla scoperta dei luoghi che furono teatro delle gesta della Banda della Magliana. Per un imprevedibile scherzo del destino, vengono però catapultati proprio negli anni ’80, nei giorni dei gloriosi Mondiali di Spagna e si ritrovano faccia a faccia con alcuni membri della Banda. A scombinare ancora di più le carte, l’incontro con una vulcanica ballerina…

 

Cosa fareste se all’improvviso vi ritrovaste per sbaglio catapultati indietro negli anni ’80? È quanto accade a Sebastiano (Gassmann), Moreno (Giallini) e Giuseppe (Tognazzi), protagonisti della commedia “Non ci resta che il crimine” di Massimiliano Bruno.

Mescolando fantasy, commedia e gangster movie con tre riferimenti cinematografici ben precisi – “Ritorno al futuro”, “Non ci resta che piangere” del duo Troisi/Benigni (a cui rimanda anche il titolo) e “Romanzo criminale” – il film si regge su buone idee di partenza e un ottimo cast.

Alessandro Gassmann, abituato a ruoli di tutt’altro tipo, risulta perfettamente credibile e divertente nei panni dell’igenuotto del gruppo, così come Marco Giallini in quelli del cialtrone cinico e arrogante, e Gianmarco Tognazzi in quelli del pavido.

Ma la vera sorpresa è Edoardo Leo: il suo Renatino si lascia andare a esplosioni di rabbia e gelosia nei momenti più opportuni, è un villain credibile ma allo stesso tempo divertente nelle sue incoerenze. E che gangster movie sarebbe senza la pupa del bossIlenia Pastorelli, è proprio il caso di dirlo, sveste i panni di Sabrina, una femme fatale che riesce, con il proprio corpo, a manipolare gli uomini a proprio piacimento.

I costumi, la fotografia e i movimenti di macchina, arricchiti da alcuni split-screen tipici del poliziesco, rimandano a un preciso momento della nostra cultura: quella tra anni ’70 e anni ’80. Ottime, quindi, la riproduzione delle location, le grandi scene di azione con sparatorie, scazzottate, omicidi, ma sopratutto la comicità, ingrediente principale di una pellicola che è una vera e propria commedia all’italiana.

Con un rimando a “Smetto quando voglio”, avvalorato dal finale aperto che fa presagire una possibile saga, quello che manca a “Non ci resta che il crimine” è soprattutto un escamotage credibile per spiegare come i tre amici siano riusciti a tornare indietro nel tempo (il varco spazio-temporale nel retrobottega del bar è un po’ deboluccio, concorderete con me). 

Alla sua sesta fatica dietro la macchina da presa e con la continua voglia di sperimentare, Massimiliano Bruno realizza comunque un’opera che intrattiene e diverte e che tenta, attraverso il passato, di raccontarci qualcosa dell’Italia di oggi.