Se dovessimo scegliere una sola parola per descrivere “Nel guscio” di Ian McEwan, edito da Einaudi, sarebbe: particolare.

La storia è raccontata in prima persona, e in questo niente di strano, ma la prima persona in questione, il narratore onnisciente – si fa per dire! – qui è un feto, un bambino non ancora nato che ci parla dal ventre materno.

E che ci racconta, nel suo monologo, quello che non può vedere ma solo percepire, immaginare, la vicenda a tinte noir che avviene all’esterno. Sua madre e il suo amante, che è anche suo zio, stanno pianificando di ammazzare suo padre.

Il romanzo è geniale. I colpevoli ci vengono indicati sin dall’inizio, qui in dubbio c’è se arriveranno fino in fondo, come metteranno in atto il loro piano e dopo, una volta commesso il delitto, se verranno o meno scoperti.

Leggendo viene naturale fare un paragone con l’Amleto di Shakespeare – non solo per le citazioni, come quella nell’epigrafe:

O Dio! Io potrei essere confinato in un guscio di noce e credermi re di uno spazio infinito. se non faccio brutti sogni!

Prendiamo soltanto i nomi dei due protagonisti, qui complici. La madre si chiama Gertrude, qui abbreviato in Trudy, lo zio Claude/Claudio.

Il nascituro è uno spettatore in tutti i sensi. Registra ed elabora tutto ciò che sente dire, non solo dalle persone in carne e ossa che lo circondano, ma anche dai giornali radio e dalle trasmissioni che la madre ascolta sistematicamente.

Questo escamotage consente all’autore di inserire nella storia – un po’ forzatamente in un paio d’occasioni – un ritratto piuttosto fosco del presente e del prossimo futuro del mondo.

Dato che il nostro non è un bel mondo, e le sue prospettive sono sconsolanti – se i terribili due uccideranno suo padre, cosa ne sarà di lui? Claude già parla di metterlo in collegio… – per il nascituro l’alternativa tra “essere e non esserci ancora” lascia il posto alla drastica risoluzione “Non voglio nascere”.

Il feto cerca quindi di suicidarsi, strozzandosi con il cordone ombelicale. Non ci riesce, e poi capisce che è importante continuare a vivere – ma sarebbe meglio dire: arrivare a vivere -, anche per poter intervenire nei confronti dei due cinici amanti.

Che alla fine, non ce ne vogliate per lo spoiler, portano a compimento il loro piano. Ma non riescono a sviare del tutto i sospetti da loro, tanto che la polizia si presenta alla loro porta. L’interrogatorio è un capolavoro nel suo genere, e ci lascia con il dubbio.

I due verranno smascherati o se la caveranno? Vi basti sapere che sarà proprio il nascituro a decidere in parte il finale di questo dramma familiare originalissimo eppure dalle tematiche ancestrali.

Previous articleMolise Cinema: dall’8 al 13 agosto anteprime e ospiti a Casacalenda
Next articleSara Zelda: “Ho sempre vissuto lo scrivere come la mia missione sulla terra”
Valeria Arciuolo
Ligure di origini, vive in provincia di Novara da tre anni a questa parte per amore e per lavoro. Mamma blogger, adora il cinema, la lettura, l’arte e la moda. Scrive per diverse testate e spera in futuro di portare avanti un progetto tutto suo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here