Cosa fareste si vi ritrovaste, dall’oggi al domani, con una rendita mensile di due milioni di franchi svizzeri – ma possiamo anche dire di euro? Dopo aver dovuto tirare la cinghia per anni, dopo aver vissuto in un condominio fatiscente in una cittadina di pronvincia? Vi comportereste in modo assennato… oppure no?
Per parlare del romanzo “Nel giardino delle scrittrici nude“ di Piersandro Pallavicini, edito da Feltrinelli, voglio partire da qui, prescindendo un attimo dal mondo dell’editoria e dei premi letterari, che ricoprono una grande importanza. Voglio farlo perché secondo me il principale pregio del libro – che è comunque esilarante e profondo, brillante e piacevolissimo da leggere – è di essere realistico, veritiero.
Sara Brivio è una sessantenne divorziata, evitata come la peste dall’unica figlia, scrittrice conosciuta da un pubblico ristretto, che improvvisamente è diventata milionaria. Merito dell’eredità lasciatale dall’escrementizio genitore al momento della dipartita.
Con il denaro ricevuto Sara viaggia per le capitali europee, compra prime edizioni autografate, colleziona opere d’arte, cena in ristoranti stellati. Ma soprattutto ha potuto togliersi la soddisfazione di istituire il Premio Brivio, che ogni anno elegge un vincitore tra gli scrittori meritevoli ma costantemente sottovalutati da pubblico e critica e umilia due volti noti del jet set editoriale.
I personaggi dei libri hanno spesso la tendenza a essere “troppo” – troppo buoni, belli e intelligenti, in una parola perfetti, oppure troppo depravati, cattivi e viziosi. Non è facile trovare un protagonista realistico, che reagisca fino in fondo in un modo che chi legge può considerare vicino a lui.
Ecco, Sara Brivio lo fa! Nei suoi capricci da ricchissima sessantenne – oltre alla bella dose di ironia – c’è una verità di fondo che è impossibile non riconoscere. Chi, se si trovasse tra le mani una somma del genere, non si lascerebbe andare a qualche stravaganza? Chi non comprerebbe la casa dei suoi sogni in centro città? Chi non salirebbe sul primo aereo – prima classe, off course! – solo per gustare una sacher nel cuore di Vienna?
Sara è realistica nelle sue stravaganze, è realistica nei suoi difetti, è realistica nei suoi limiti. Per questo le si perdona un po’ tutto, anche gli atteggiamenti dispotici ed eccessivi. Perché, lo stile ironico di Pallavicini e la leggerezza generale della storia non traggano in inganno, Sara è prima di tutto una donna che ha sofferto, che con i soldi ha cercato di colmare un vuoto – anzi, diversi – che la vita le ha aperto davanti.
“Nel giardino delle scrittrici nude” è un bel romanzo, perché sa coniugare ironia e riflessione, leggerezza e profondità. Il tono generale della storia è scanzonato, certi passaggi – come quelli legati allo scrittore di grido Daniele Castagnèr, alias El Panteròn – fanno ridere apertamente. Eppure ci sono anche momenti in cui si riflette, ci si interroga, sulla famiglia, il rapporto genitori-figli, la realizzazione professionale, il senso della vita.
Un libro ben scritto e ben strutturato, che si legge con grande piacere dalla prima all’ultima pagina. E che lascia con la curiosità di sapere come sono andate le cose “dopo” – che per un’opera di finzione è sempre un gran risultato.