Un film di Daniel Roher. Documentario, 98′. USA 2022
Agosto 2020. Dopo una trasferta in Siberia “per fare un bel film sulla corruzione locale”, Alexei Navalny, avvocato russo fondatore del movimento Russia del futuro e della Fondazione anti corruzione, aperto oppositore di Putin, si sente male mentre è sul volo con cui da Tomsk sta rientrando a Mosca. Dopo un atterraggio di emergenza viene ricoverato nell’ospedale di Omsk ed entra in coma mentre i medici locali negano l’azione di sostanze tossiche. Il giorno successivo, a seguito dell’intervento di Angela Merkel, è trasferito d’urgenza in aereo a Berlino, sorvegliato dalla famiglia e dallo staff. La notizia rievoca immediatamente per analogia il tentato avvelenamento, nel 2018, di Sergej Skripal, ex agente dei servizi segreti russi. La causa si rivela la medesima: il Novichok, agente nervino, in uso nell’esercito russo.
Penetranti occhi blu, un sorriso accattivante, una personalità forte e istrionica, Alexey Navalny, attivista, politico e blogger russo di origini ucraine, è tra i più noti critici del presidente Vladimir Putin.
Il documentario di Daniel Roher parte da lui, Navalny, e lo colloca davanti alla macchina da presa, approfittando della riabilitazione del politico in un paesino della Foresta nera, poco prima del suo rientro in Russia dalla Germania e dal conseguente arresto, il 17 gennaio 2021.
Insieme, regista e intervistato, ripercorrono quanto successo nell’agosto 2020. Mentre si trovava a bordo di un volo partito dalla Siberia e diretto a Mosca, l’uomo ha mostrato improvvisamente segni di malattia, perdendo anche conoscenza.
Dopo un atterraggio di emergenza nella cittadina di Omsk, Navalny, in coma indotto, è stato trasportato a Berlino e ricoverato in una clinica. I medici hanno rintracciato nel suo corpo tracce di Novichok, una tossina di produzione russa.
Questo è l’antefatto, se così potremmo dire. Per fare luce sull’accaduto, si sono attivati gli investigatori di Bellingcat, affiancati da altre testate internazionali e dallo staff della comunicazione dello stesso politico russo, da sempre avvezzo a maneggiare i social e tutt’altro che timido o impacciato davanti all’obiettivo.
Quella che è seguita è stata un’indagine serrata, filmata da Roher in tempo reale, nel suo svolgersi, con tanto di scoop. Il lavoro del regista canadese è stato meticoloso e preciso, il suo documentario si propone come punto di riferimento per quelli che verranno dopo. L’unica difficoltà per lui, prevedibilmente, è stata quella di mantenere le distanze dal suo soggetto, di mostrare i fatti al pubblico attraverso una lente obiettiva e permettere a ciascuno di farsi una propria idea.
Ma è difficile, in questo caso e anche alla luce di quello che è successo dopo, non sentirsi toccati. Sopravvissuto al tentativo di avvelenamento, Navalny ha deciso di tornare in Russia nel gennaio 2021, è stato arrestato e condannato a due anni e otto mesi di carcere per una storia passata di appropriazione indebita. Il 22 marzo 2022, il tribunale di Lefortovo di Mosca lo ha condannato a 9 anni di carcere in una colonia di regime severo.