“Memorie di un assassino”: un poliziesco incalzante e sconvolgente

Bong Joon-ho si ispira alla storia vera del primo serial killer sudcoreano per la sua pellicola

Un film di Bong Joon-ho. Con Song Kang-ho, Sang-kyung Kim, Roe-ha Kim, Song Jae-ho,  Hie-bong Byeon, Seo-hie Ko. Poliziesco, 129′. Corea del sud 2003

Gyeonggi, 1986. Il cadavere di una ragazza violentata scatena le indagini dell’inadeguata polizia locale, intenta più a cercare un capro espiatorio che a trovare il vero colpevole. Gli omicidi si susseguono inarrestabili e un ispettore arriva da Seoul per fare luce sul mistero. Il volto di Song Kang-ho, uno dei migliori attori della sua generazione, guarda in camera attonito e si rivolge direttamente a noi, smarriti e confusi, pieni di “perché”. Come è possibile che l’uomo possa compiere atti simili? O forse, se una nazione intera vive all’insegna della violenza e dell’ingiustizia, quanto avviene non è che una naturale conseguenza?

 

Meglio tardi che mai, è il primo quanto sincero pensiero che colpisce lo spettatore dopo aver visto questo film. “Memorie di un assassino”, girato dal sudcoreano Bong Joon-Ho nel 2003, era rimasto infatti fino a oggi inedito nel nostro Paese.

Il successo planetario di “Parasite” ha in un certo senso “costretto” il distributore Academy Two a porre rimedio alla svista, ripescando questa bellissima pellicola inspiegabilmente lasciato fino a oggi dentro un cassetto.

“Memorie di un assassinio”, ispirato a una storia vera, è la tragicomica ricostruzione della caccia al primo serial killer della Corea del Sud. Tra il 1986 e il 1991 il Paese venne sconvolto da una scia di morte e crimini, che mise a nudo i limiti della polizia locale.

La pellicola, magistralmente scritta e diretta, dimostra la poliedricità e il talento di Bong Joon-Ho, capace di costruire un poliziesco scorrevole, incalzante, coinvolgente e pieno di pathos. Lo spettatore è letteralmente catapultato nella Corea di fine anni ’80 e inchiodato alla poltrona dall’inizio alla fine.

Il regista è abile nel mettere in scena una vicenda misteriosa, feroce e agghiacciante senza mai risultare morboso o eccessivo, calibrando le scene più violente e sanguinarie e inframezzandole con altre dai toni quasi comici.

Tra ilarità e ferocia, stupidità e acume ci si domanda come si può fermare un serial killer. È più utile l’intuito di Park Doo-Man (Hang-ho) o la capacità analitica di Seo Tae-Yoon (Kim)? I due detective si detestano, si scontrano, si ostacolano a vicenda durante l’indagine, cercando di dimostrare la superiorità del proprio metodo investigativo.

E Bon Joo-Ho gioca narrativamente con questa contrapposizione esistenziale e caratteriale prima ancora che professionale, spingendo da una parte lo spettatore a prendere posizione e dall’altra facendola diventare il perno di una storia in costante evoluzione.

“Memorie di un assassino” da un lato fotografa impietosamente l’arretratezza culturale della Corea del Sud e l’inadeguatezza delle forze d’ordine nel fronteggiare una crisi, dall’altro scava dentro l’anima dei personaggi, con i loro limiti, pregi ed eccessi.

Il racconto di una sconfitta, della resa dello Stato coreano, incapace di consegnare un criminale alla giustizia, ma anche della quasi amicizia tra due detective che, seppure diametralmente opposti, fecero del loro meglio per risolvere il caso.

 

Il biglietto da acquistare per “Memorie di un assassino” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).