Un film di Joe Stephenson. Con Ian McKellen, Scott Chambers, Luke Evans. Documentario, 96’. Gran Bretagna, 2017
Difficile trovare nel mondo un appassionato di teatro e poi di cinema che non definisca Sir Ian McKellen quanto meno uno dei migliori interpreti viventi oltre che un personaggio di grande carisma, personalità e fascino. Ma siccome esiste sempre qualche bastian contrario, l’invito caloroso è di vedere questo meraviglioso, sincero, intenso documentario per conoscere l’uomo oltre che l’artista.
Ian McKellen avrebbe avuto i titoli per scrivere la propria autobiografia, dato il materiale offerto dalla sua lunga carriera, ma ha sempre rifiutato, intelligentemente, questa forma estrema di auto-celebrazione.
Ma quando il regista Joe Stephenson gli ha proposto un’intervista che toccasse sia la sfera professionale che quella personale, è nato “McKellen: Playing the Part”, un progetto diverso, e unico.
Lo spettatore si prepari ad ascoltare la calda, inimitabile, ipnotica e profonda voce di Sir Ian, prima ancora di vederlo seduto sorridente su una poltrona a casa sua. È la voce infatti che sorregge durante questo viaggio tra i momenti più importanti della storia dell’attore inglese.
Assistiamo probabilmente a una delle più belle performance di McKellen, che qui non interpreta una sceneggiatura qualsiasi, ma rivede e commenta la propria vita, dimostrando ancora una volta grandi doti recitative e sensibilità.
Intorno all’attore viene costruito un ideale palcoscenico drammaturgico e registico. Nella prima parte, infanzia e adolescenza, al parlato si alternano accurate ricostruzioni e questo crea un armonioso equilibrio tra parole e immagini, che cattura fragilità e candore del giovane McKellen, alla ricerca della propria identità umana e poi professionale.
Nella seconda, invece, il regista attinge alle foto ed ai video che dal bianco e nero prendono colore, fino ad arrivare al punto di svolta nella vita dell’attore inglese: aveva 49 anni, decise di fare coming out. Una scelta mai rimpianta (ne parla così, oggi, alla Festa del cinema di Roma: “Consiglio a tutti gli omosessuali di dichiararsi gay, da quando l’ho fatto è migliorata la mia carriera e ho trovato più fiducia in me stesso. Non dico sia una cosa facile, ma smettere di mentire fa bene”).
Da quel momento McKellen rinasce, impegnandosi con convinzione nella battaglia per i diritti LGBT e combattendo in prima persona contro l’articolo 28, discriminante contro i gay, emanato dal governo conservatore di Margaret Thatcher.
L’omosessualità non ha pregiudicato la sua carriera. Ruoli come quello di Magneto nell’universo X-Men e Gandalf nelle trilogie de “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit” lo hanno portato ad essere conosciuto e amato anche dai giovani, poco avvezzi al teatro.
Il teatro, però, resta la sua grande passione, l’arte a cui ha donato il suo cuore. E ancora lo sorprende ricordare come quella che si crea con i colleghi, anche fuori dal palcoscenico, sia una vera e propria famiglia.
Classe 1939, nonostante l’energia che lo contraddistingue, McKellen confessa in questa intervista/documentario che il pensiero della morte lo accompagna costantemente, e che per non farsi cogliere impreparato ha già predisposto ogni dettaglio per il suo funerale. Ai giovani spera comunque di lasciare in eredità qualcosa del suo vissuto che possa essere loro utile per il futuro.
Per quello che può valere, caro Sir Ian, il pubblico di Roma ha già recepito i suoi insegnamenti. Anche prima dell’estremo saluto.
Il biglietto da acquistare per “McKellen: Playing the Part” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.