Un film di Pedro Almodóvar. Con Penélope Cruz, Rossy De Palma, Aitana Sánchez-Gijón, Julieta Serrano, Milena Smit. Drammatico, 123′. Spagna 2021
Janis e Ana condividono la stanza di ospedale nella quale stanno per partorire. Sono due donne single, entrambe in una gravidanza non attesa. Janis, di mezza età, non ha rimpianti e nelle ore che precedono il parto esulta di gioia. Ana invece è un’adolescente spaventata, contrita e traumatizzata. Janis tenta di rincuorarla mentre passeggiano tra le corsie dell’ospedale come delle sonnambule. Le poche parole che scambiano in queste ore creeranno un vincolo molto forte tra le due e il fato, nel fare il suo corso, complicherà in maniera clamorosa le vite di entrambe.
Prendi atto che anche in campo cinematografico sei diventato anziano quando (quasi) tutti applaudono al film d’apertura di uno dei più prestigiosi festival del cinema internazionali e tu invece resti impassibile e dubbioso su quanto visto.
Venezia 78 e Pedro Almodóvar con il suo “Madres paralelas” mandano in crisi esistenziale il vostro inviato già dal primo giorno. Non si tratta di un brutto film, sia chiaro, ma per me nel complesso è pasticciato, caotico, dispersivo, quasi inconcludente.
Il regista spagnolo mette decisamente troppa carne al fuoco dal punto di vista tematico – si spazia dalla maternità e gli scambi di neonato in culla alla guerra civile spagnola e alle fosse comuni dove vennero sepolti migliaia di dissidenti fino alla fluidità sessuale – , dando vita a una sceneggiatura a cui manca una chiara identità, una cornice, un punto d’arrivo.
Ognuno degli argomenti trattati avrebbe meritato, secondo me, un film assestante e il giusto approfondimento storico, morale ed esistenziale. “Madres paralelas”, invece, tira dritto per la sua strada senza soffermarsi, macinando omissioni, contraddizioni e buchi narrativi e trasmettendo la sensazione di tre storie unite tenute insieme da un capriccio autoriale piuttosto che da una visione armonica.
Almodóvar ha peccato di presunzione – o di eccessiva disinvoltura – pensando di poter gestire così tanto materiale scottante facendo affidamento sul proprio talento ed esperienza. Un errore di valutazione che si riversa fatalmente, secondo me, sulla tenuta della pellicola, che cambia repentinamente, anche da una scena all’altra, tono, stile e genere.
Commedia e dramma storico riescono tutto sommato a convivere abbastanza bene, ma quando si scivola nella fase “romance fluida”, passatemi la definizione, tutto assume contorni caricaturali e inverosimili, facendo quasi dimenticare quanto di buono visto in precedenza.
Le tre storie si muovono all’interno di una precaria cornice lanciando comunque alcuni segnali convincenti, come la solida prova recitativa di Penelope Cruz, alle prese con uno dei personaggi più difficili della sua carriera, e quella di Milena Smit, la vera sorpresa del film. La sua Ana è pura, innocente, accentua in modo perfetto le parti più oscure di Janis.
Tra fiammate emotive, narrative e attoriali, “Madre paralelas” riesce a mantenere costante la sua forza visiva e simbolica. Il climax si raggiunge nel finale, toccante, bello e pacificatore.