Un film di Renato De Maria. Con Riccardo Scamarcio, Sara Serraiocco, Alessio Praticò, Alessandro Tedeschi, Marie-Ange Casta. Drammatico, 107′. Italia 2019
Santo Russo è un giovane calabrese che finisce ancora adolescente a Buccinasco, dopo che il padre è caduto in disgrazia con la ‘ndrangheta. Qui cerca di mimetizzarsi, impara l’idioma locale e, trascorso ingiustamente un periodo in carcere, inizia a farsi strada nella criminalità. Le cose gli vanno bene, ma solo fino a un certo punto, tanto che si reinventerà come imprenditore, ovviamente con le mani in pasta in affari sporchi e pure coinvolto nel traffico di eroina. Santo sembra avere tutto, compresa un’artista come amante che lo introduce nella bella società, ma la moglie molto cattolica inizia a capire chi ha sposato davvero…
Ispirato al libro “Manager calibro 9” di Pietro Colaprico e Luca Fazzo, “Lo spietato” è un gangster movie in salsa comedy che racconta la storia del boss Santo Russo, un calabrese trapiantato nella Milano degli anni ’80 che insegue la ricchezza ma anche un riconoscimento sociale che non ha mai avuto.
Epopea di un camaleontico e ambizioso meridionale, un gangster italiano che si sente un manager, il film porta sullo schermo un quarto di secolo della mala italiana, senza mai dimenticare il tono ironico tipico della commedia.
Con un ritmo sostenuto e ben calibrato, Renato De Maria gioca con la nostalgia e le citazioni del “poliziottesco”, catapultando i suoi personaggi in un ambiente grigio. La prima parte della pellicola risulta molto convincente a discapito della seconda, in cui la narrazione si fa più episodica e altalenante.
Dosando bene l’ironia, “Lo spietato” vive soprattutto del suo grottesco protagonista, interpretato da un Riccardo Scamarcio in ottima forma, un boss che prova a darsi un tono utilizzando espressioni linguistiche tipicamente milanesi.
La sua storia pesca a piene mani dall’immaginario noir fatto di rapine, traffici di droga ed esecuzioni, ma anche e soprattutto di lusso, ricchezza e amanti bellissime. Le vicende tragicomiche di Santo sono un connubio esplosivo di violenza e ironia.
Colorato, non solo nelle immagini ma anche nella costruzione dei personaggi, “Lo spietato” diventa un viaggio antropologico e cinematografico negli anni ’80. Con la musica di quegli anni che irrompe sulla scena a tutto volume, con canzoni come “Stella stai” di Umberto Tozzi e “Self Control” di Raf, il film riesce a mantenere intatta la volontà di non prendersi troppo sul serio. E il divertimento va da se, ça va sans dire.