Ho letto “Legend” di Stephanie Garber edito da Rizzoli più per curiosità che per autentica passione, e invece devo dire che sono stata piacevolmente sorpresa. Nonostante qualche pecca, di cui parleremo, infatti, il sequel mi è piaciuto più del primo romanzo, “Caraval“.
La struttura dei due romanzi è molto simile: in entrambi la protagonista deve partecipare al magico gioco dove nulla è come sembra e districarsi tra enigmi, personaggi misteriosi e pericolosi, situazioni paradossali per vincere e ottenere ciò che desidera.
Questa volta, però, come voce narrante ed “eroina” della storia a Rossella subentra la sorella minore Donatella – evitiamo di soffermarci sui nomi, please! -, che in “Caraval” aveva interpretato il ruolo di damina da salvare e poco più, e il cambio è decisamente positivo.
Se Rossella era rimasta per tutta l’avventura piuttosto distante dal lettore, sempre scettica, sempre combattuta su come comportarsi e cosa fare, sempre un po’ fredda, Donatella è puro fuoco. Certo, appare spesso un po’ frivola e leggera, ma da una sedicenne cresciuta senza madre, con un padre crudele e una sorella appresinva cosa possiamo aspettarci?
Nonostante qualche limite, il suo personaggio risulta più credibile, più vicino a chi legge, più comprensibile. Anche le scelte che compie durante il gioco, il modo in cui finisce (non vi svelerò di più per non fare spoiler) e come la ritroviamo nell’ultima pagina ce la fanno trovare simpatica. Al suo posto in molti ci saremmo comportati allo stesso modo.
“Legend“, come “Caraval”, è un romanzo che definirei barocco, dove si punta parecchio sulla ridondanza delle descrizioni e sugli aggettivi. All’autrice non basta dire che un abito è azzurro, deve precisare che tipo di azzurro, che tonalità, che gradazione.
Il terriccio umido e gli aguzzi aghi di pino le si infilarono tra le dita dei piedi mentre si avviava. Doveva aver perso le scarpe da qualche parte, ma non voleva sprecare tempo a cercarle. La foresta era soffusa di un tenue chiarore color miele, il silenzio interrotto da ronfi pesanti e sommessi mormorii che la indussero a pensare che lei e Dante non fossero stati gli unici ad addormentarsi sotto le stelle.
La cosa può risultare pesante, alla lunga, per un lettore poco avvezzo a una scrittura di questo tipo, ma se ci si fa l’abitudine è quasi divertente. Di sicuro, se ci si sforza appena appena, vedere con gli occhi della mente gli ambienti, i paesaggi, i personaggi descritti dalla Garber è molto semplice. Perché l’autrice è quanto mai precisa.
Questo “iper-descrittivismo” è una delle cifre stilistiche di questa serie fantasy, che mi auguro non si fermerà a due capitoli! Il finale, infatti, così come era già successo con “Caraval“, più che mettere un punto fermo ne mette tre di sospensione.
Cosa succederà a Donatella e al suo amore impossibile? C’è una possibilità per loro o è stata tutta un’illusione? Cosa avrà da raccontare, quando si risveglierà, la madre delle due giovani, Paloma, rimasta lontana per molti anni? E i Fati? E Rossella e il suo Julian? Insomma, i quesiti abbondano. Non ci resta che aspettare per capire se e quando Stephanie Garber vorrà portare avanti la sua magica e intricata narrazione.