“Le verità”: Kore’eda si confronta con il cinema e – la famiglia – d’Europa

Il primo film lontano dal Giappone del regista nipponico pluripremiato è delicato, autoriale, elegante

Un film di Kore’eda Hirokazu. Con Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel. Titolo originale: La vérité. Drammatico, 107′. Francia 2019

Diva del cinema francese, Fabienne Daugeville pubblica un libro di memorie e per l’occasione riceve la visita della figlia Lumir, sceneggiatrice che vive a New York con il marito Hank e la piccola Charlotte. Nella villa parigina di Fabienne, le due donne si sforzano di entrare in contatto l’una con l’altra e di fare i conti con il passato, impresa resa tanto più ardua dalla presenza delle famiglie e del maggiordomo Luc, stufo di essere dato per scontato. Fabienne è anche impegnata sul set, recitando in un film che confonde ulteriormente i confini del ruolo materno e di quello filiale.

 

Il nuovo film del giapponese Hirokazu Kore’eda (Un affare di famiglia), “La verità”, ha aperto ufficialmente la 76° Mostra del cinema di Venezia. Si tratta di un lavoro innovativo, che per la prima volta porta il pluripremiato regista a esplorare una terra straniera, lontano dal “suo” Giappone.

Ambientata in Francia, girata in francese e inglese, questa storia agrodolce di confronto familiare riesce a esplorare con sguardo penetrante e centrato, con dialoghi ambigui e allusivi, quel misterioso bandolo di fili intrecciati e sotto-trame nascoste che chiamiamo famiglia.

È nei movimenti di macchina e in alcuni piccoli dettagli che intravediamo il Kore’eda di “Un affare di famiglia”, ad esempio nel modo in cui il motivo dello spazzolarsi i capelli diventa un mezzo per raccontare i rapporti tra nonna, figlia e nipote. E attraverso le varie storie, emerge anche una delle più antiche preoccupazioni del regista: il confronto tra permanenza del cinema e volatilità della memoria.

Fortemente meta-cinematografico, “Le verità” gioca con ciò che accade nella finzione filmica e ciò che accade nella vita reale in modo molto sottile ed efficace, anche attraverso una fitta rete di riferimenti e citazioni, che spaziano dal cinema di Hitchcock al Mago di Oz.

Il risultato finale è un’opera leggera ma complessa, un film che non eccede mai, priva di clamori o punti focali. Autoriale ed elegante.