Voglio premetterlo prima di scendere nel dettaglio: io su questo romanzo, “Le sette sorelle“, consigliatomi e regalatomi da mia zia, avevo dei dubbi, legati principalmente alla mia conoscenza superficiale di Lucinda Riley – che consideravo, dai titoli e dalle cover, un’autrice da romance, genere a me poco gradito.
Devo dire che invece la lettura è stata piacevole, e che alla fine la curiosità di leggere anche il secondo capitolo della serie – “Ally nella tempesta“, ndr – mi è venuta, quindi la mia diffidenza era mal riposta.
Bellissima eppure timida e solitaria, Maia è l’unica delle sue sorelle ad abitare ancora con il padre ad Atlantis, lo splendido castello sul lago di Ginevra. Ma proprio mentre si trova a Londra da un’amica, giunge improvvisa la telefonata della governante. Pa’ Salt è morto. Quel padre generoso e carismatico, che le ha adottate da bambine raccogliendole da ogni angolo del mondo e dando a ciascuna il nome di una stella, era un uomo di cui nessuno, nemmeno il suo avvocato e amico di sempre, conosceva il passato.
Rientrate precipitosamente nella villa, le sorelle scoprono il singolare testamento: una sfera armillare, i cui anelli recano incise alcune coordinate misteriose. Maia sarà la prima a volerle decifrare e a trovare il coraggio di partire alla ricerca delle sue origini. Un viaggio che la porterà nel cuore pulsante di Rio de Janeiro, dove un vecchio plico di lettere le farà rivivere l’emozionante storia della sua antenata Izabela, di cui ha ereditato l’incantevole bellezza.
Con l’aiuto dell’affascinante scrittore Floriano, Maia riporterà alla luce il segreto di un amore sbocciato nella Parigi bohémienne degli anni ’20, inestricabilmente legato alla costruzione della statua del Cristo che torreggia maestosa su Rio. Una vicenda destinata a stravolgere la vita di Maia.
“Le sette sorelle” ingrana piano piano. Dopo le prime dieci/venti pagine mi stavo chiedendo come sarebbe riuscita l’autrice a tenere viva l’attenzione fino alla fine, raccontando semplicemente la storia di Maia e il suo viaggio in Brasile alla ricerca delle sue misteriose origini…
La scelta di inserire una storia nella storia – quella della bisnonna della protagonista, Izabela, giovane brasiliana benestante di inizio secolo, divisa tra i doveri di figlia e moglie e l’amore per uno scultore conosciuto a Parigi – è stata provvidenziale. L’alternanza di piani temporali e punti di vista dà respiro alla narrazione, permette al lettore di conoscere il passato di Maia dalla viva voce dei protagonisti, di immedesimarsi nelle loro vicende.
Personalmente ho trovato più coinvolgente il racconto del passato di Bel rispetto a quello del presente di Maia (per quanto i personaggi che compaiono in queste parti – dallo scrittore Floriano alla nonna ritrovata, dall’avvocato alle sorelle – siano credibili, non stereotipati, piacevoli)… ma questi sono punti di vista.
Resta se mai da capire come la Riley avrà deciso di gestire gli altri romanzi, perché se anche questo tipo di costruzione bipartita ha funzionato nel caso di “Le sette sorelle” forse vederla ripetuta per sette volte, anche cambiando periodo storico e ambientazione, potrebbe risultare noioso. Staremo a vedere.
Come ho detto in apertura, ero timorosa di trovarmi davanti il classico romanzo rosa-sentimentale-con accenni di erotismo che oggi va tanto di moda. Sono stata piacevolmente sorpresa anche di scoprire che l’autrice non si è lasciata trasportare, quando si tratta di scene di sesso.
Personalmente trovo che volerne inserire in ogni libro, a ogni costo, anche quando non c’entrano niente con la trama e il genere, solo per intercettare i gusti del pubblico – come ad esempio succede in “Caterina della notte” di Sabina Minardi – sia fastidioso, segno di mancanza di inventiva. Ho quindi apprezzato molto che qui non si scenda in particolari. Alleluia!
Dal Brasile di fine anni ’20 alla Parigi bohémien di inizio secolo, dall’atelier dove prese forma la statua del Cristo ai salotti bene di Rio fino alla spiaggia di Ipanema e alle favelas del presente, due facce della stessa medaglia di un Paese che sta conoscendo una grande crescita che però non investe in egual misura tutte le fasce della popolazione, il romanzo di Lucinda Riley è un caleidoscopio di colori, emozioni e scorci mozzafiato.
Non c’è tempo per annoiarsi, ma c’è tutto il tempo per entrare in sintonia con la protagonista – o meglio, con le protagoniste – e accompagnarla passo passo nella ricerca che la porterà a scoprire, anche se non rispondendo a tutti gli interrogativi che la morte del padre adottivo ha lasciato, da dove viene.
Il capitolo finale apre la strada al secondo libro, dove sarà Alcione detta Ally – mi sono dimenticata di dire, en passant, che tutte le ragazze D’Aplièse portano nomi di stelle, per l’esattezza quelli della costellazione delle Pleiadi, e se quindi a qualcuna è andata tutto sommato bene (Maia ed Elettra) per altre la situazione è più complessa e richiede un diminutivo –, velista affermata e spirito libero, a fare i conti con il suo passato e la famiglia di origine. Vedremo dove ci porterà la sua storia, e quali pezzi aggiungerà al puzzle complessivo.