“Le nostre battaglie”: quanto è difficile, oggi, essere una famiglia unita?

Guillaume Senez racconta un dramma familiare ricco di umanità e di grazia, nell'Europa moderna

Un film di Guillaume Senez. Con Romain Duris, Laure Calamy, Laetitia Dosch, Lucie Debay,  Basile Grunberger. Drammatico, 98′. Belgio, Francia 2018

Olivier lavora in fabbrica e sta considerando la possibilità di entrare nel sindacato. Ma il lavoro assorbe la maggior parte del suo tempo, e sulle spalle della moglie Laura ricade la responsabilità della vita familiare: portare a scuola i bambini, preparargli la cena, aiutarli con i compiti, metterli a dormire. Anche questo è un lavoro faticoso. Troppo faticoso forse per Laura, che lotta in segreto contro l’inizio di una depressione. La soluzione, per la donna, è una sola: scappare. Costretto a fare i conti con un quotidiano complicato dall’assenza di Laura, Olivier deve ristabilire priorità e necessità, lottando contro la rabbia nei confronti della madre dei suoi figli.

 

Quanto è difficile tenere insieme una famiglia? Quanto può essere logorante, emotivamente e fisicamente, per una donna accudire due figli piccoli e al contempo lavorare, sentendosi inadeguata e stanca di questa “routine materna”?

Nell’immaginario collettivo è la donna, nel duplice ruolo di moglie e madre, a dover essere il collante ultimo di una famiglia, capace di ricomporre crisi e risolvere problemi. E generalmente, nei film, è sempre la donna a dover assumere il ruolo di capofamiglia quando il marito/padre si da alla fuga di fronte alle responsabilità.

Ma tutto cambia, la società – e il cinema – evolvono e paradossalmente la crisi esistenziale colpisce democraticamente entrambi i genitori. Anche una donna può voler ricominciare, lasciarsi tutto alle spalle e “costringere” il partner a rivestire l’insolito ruolo di mammo.

“Le nostre battaglie” di Guillaume Senez affronta questo drammatico quanto sempre più frequente ribaltamento dei ruoli, attraverso la storia di Oliver (Duris) e Laura (Debay), genitori lavoratori, e dei loro due figli. La normalità viene turbata dall’improvvisa scomparsa della donna

Questa scomparsa è solo lo spunto narrativo per mostrare come neanche il matrimonio e le responsabilità nei confronti dei figli bastino più, oggi, come deterrenti. Il genitore si sente soprattutto una persona, e sul dovere prevale molto spesso l’egoismo, o la sofferenza personale.

E ancora, in un’epoca storica come la nostra, complessa, angusta e precaria, non ha più senso parlare di maschio alfa o pater familias, perché l’uomo moderno deve essere consapevole e pronto ad affiancare, aiutare e in molti casi anche sostituirsi alla compagna. Una trasformazione magistralmente incarnata da Romain Duris nel ruolo di Oliver, operaio e appassionato sindacalista.

“Le nostre battaglie” è da una parte un dramma familiare, il racconto dello smarrimento per l’abbandono materno vissuto dalla prospettiva del marito e da quella dei figli. Dall’altra è un percorso di presa di coscienza, da parte di Oliver in primis, che il pubblico non può non condividere.

Si tratta di un film crudo, amaro, credibile nella struttura narrativa, tutt’altro che leggero e distensivo me comunque piacevole da vedere, e messo in scena dal regista con uno stile neo-realista capace di commuovere e conquistare lo spettatore.

Il finale agrodolce ci regala la speranza che un genitore, papà o mamma poco importa, possa superare ogni avversità professionale e personale se può contare sull’affetto e sul sostegno dei figli. Perché è insieme che si vincono le battaglie.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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