A Pompei in epoca romana la parola lupanar aveva due significati, ‘tana di lupi’ e ‘bordello’. Allo stesso modo, lupa poteva significare sia ‘femmina di lupo’ sia ‘prostituta’.
Una trilogia storica immersiva e coinvolgente, che porta il lettore indietro nel tempo, al I secolo d.C. “Le lupe di Pompei” di Elodie Harper è uscito per Fazi editore il 20 settembre 2022.
Le lupe sono Amara, Didone, Vittoria, Berenice, Cressa. Ma nessuna di loro si chiama davvero così. Questi sono i nomi da schiave, costrette alla prostituzione nel bordello cittadino dal cinico padrone Felicio. Nella Pompei antica, che procede ignara incontro al proprio destino, vivendo contrasti abissali tra ricchezza e miseria, uomini e donne, cittadini liberi e schiavi, le ragazze che abitano il postribolo tentano ogni giorno di sopravvivere alla brutalità delle loro notti. E magari rovesciare la sorte in proprio favore.
“Le lupe di Pompei” è un romanzo molto bello, coinvolgente e anche doloroso nel suo essere realistico, descrittivo e approfondito. Il lettore osserva il mondo romano del 74 d.C. prendere vita, ed empatizza in modo profondo con i personaggi – anche con quelli “negativi”, almeno in minima parte, e questo è un grande pregio della scrittura di Elodie Harper, al suo esordio.
Di storie ambientate al tempo dei romani non se ne trovano tantissime. Altre epoche storiche e personaggi (l’Inghilterra dei Tudor, il Rinascimento italiano, i Borgia), vuoi per la maggior “vicinanza” e per la possibilità di reperire in modo più agevole la documentazione, vuoi per il gusto degli autori, sono state sfruttate in maniera molto più massiccia. Per questo leggere un romanzo così curato è una piccola, grande gioia.



La Pompei del I secolo d.C., con le sue contraddizioni e disparità sociali, con i suoi riti e i suoi luoghi di svago (il bordello, certo, ma anche le terme, le taverne, le celebrazioni per i Vinalia e i Saturnali), prende vita. E per chi ne ha letto sempre e solo in senso prettamente storico, nei libri di scuola, o ne ha sentito parlare nei documentari e nei servizi di Alberto Angela, è una piacevole novità.
Pompei è un microcosmo pieno di vita, che senza possedere le dimensioni o la densità di popolazione della Roma dell’epoca, mostra comunque uno spaccato perfetto della società. Le donne – tutte le donne! – vivevano esistenze non semplici, ma le protagoniste di questa storia, lupe nel postribolo cittadino, e in generale quelle di estrazione sociale più bassa dovevano lottare per ogni respiro, per vivere un altro giorno, per mangiare ancora una volta.
Al di là dell’attenta ricostruzione storica, “Le lupe di Pompei” conquista e coinvolge per come i personaggi sono stati caratterizzati e per lo sviluppo della trama. È impossibile non provare partecipazione per le vicende di Amara, Didone, Cressa e delle altre, non farsi toccare dalle loro quotidiane tragedie: il bisogno disperato di affetto e la cruda realtà di non poterselo permettere, il dramma della maternità negata o sottratta, la brutalità del confronto con il mondo maschile. Alcune pagine sono vere e proprie pugnalate al cuore, per un lettore contemporaneo.
La trama è avvincente, procede spedita fino al finale, tra un avvenimento e l’altro, una tragedia e qualche rara, piccola gioia, pur mantenendo sempre un ritmo del racconto che potrei definire classico. E alla fine dispiace chiudere il libro e tornare alla realtà, ma consola l’idea che questo è solo l’inizio del viaggio di Amara, e che presto la ritroveremo.











