Banale. Zuccheroso. Scontato
Secondo voi è umanamente possibile, nel 2017, che una persona sotto i 60 anni si stupisca perché la carne – ohibò – si può mangiare anche cruda? Che viva nel suo paesino del tutto ignara di quello che succede fuori? Che a 29 anni non abbia mai preso un aereo (ok, questo magari può anche essere!)?
Ebbene mettete insieme tutte queste stranezze e banalità e avrete una mezza idea del personaggio che è Sarah “l’eroina” del romanzo di Rebecca Raisin “La piccola libreria sulla Senna“.
Il trauma che ha subito da bambina, le difficoltà che ha avuto poi da adolescente, i miglioramenti che amici e amore l’hanno portata a compiere da adulta spiegano e giustificano solo in parte il suo modo di essere. Alcuni scivoloni le si perdonano, ma altri…
E dire che il libro aveva del potenziale. Se non fosse che l’autrice ha toppato in almeno quattro punti, vuoi non approfondendo, vuoi semplificando troppo.
Punto uno. Nella sinossi si parla di scambio di librerie, di storie intrecciate, di grande amicizia tra due librarie che vivono sui due lati dell’Atlantico – una a Parigi, l’altra nella cittadina americana di Ashford.
Vista la premessa sarebbe stato naturale che ai capitoli parigini di Sarah si giustapponessero quelli americani di Sophie, che le due storie procedessero in parallelo, raccontando l’adattamento delle due donne ad ambienti tanto diversi da quelli di provenienza.
Invece, purtroppo, di Sophie si sente solo parlare – e talvolta nemmeno troppo bene – ma a parte qualche battuta all’inizio, la libraia francese non spiccica parola e non compare.
Punto due, la strutturazione del romanzo. Ha senso chiamare ‘ottobre’ la prima parte di un libro che coprirà solo fino al mese di dicembre? Non si creano aspettative nel lettore che poi vengono disattese?
Punto tre, la sottotrama dello scrittore malinconico che si riapre al sentimento. Ci credereste che avevo pensato che fosse Sarah la misteriosa donna di cui è innamorato? Quella che l’ha portato a superare il suo doloroso passato e anche la mania dei finali drammatici per i suoi romanzi?
Invece alla fine si dichiara innamorato di un personaggio con cui non solo non ci è mai stato detto che abbia parlato, ma nemmeno con cui ha avuto una qualche interazione. Com’è possibile che sia lei la donna della sua vita?
Quattro, peggio, la sottotrama dell’epistolario misterioso e la sua risoluzione. Non vi anticipo niente, caso mai decidiate di leggere il libro, ma dire che è stata una delusione è dir poco. Un buono spunto bruciato e buttato via così, come niente.
L’idea dello scambio di librerie è affascinante, l’ambientazione parigina ha sempre il suo perché. La protagonista però è davvero troppo debole per reggere praticamente da sola il peso del libro – e i comprimari, con il loro essere molto stereotipati e poco realistici, non la aiutano in questo senso.
Personalmente non sono un’amante del genere romance, quindi non posso neanche dire di aver apprezzato molto la venatura rosa della storia, il lieto fine per Sarah e il suo Ridge – per i miei gusti e canoni anche un po’ troppo frettoloso – e la risoluzione positiva della vicenda per tutti, in concomitanza con il giorno di Natale, ovviamente.
Insomma, “La piccola libreria sulla Senna” aveva delle potenzialità, ma alla fine non ho potuto che scuotere la testa e ripetermi ancora una volta che – tolte poche eccezioni, come Alice Basso – quando in copertina compaiono parole come libro/scrittore/libreria le possibilità di trovarsi tra le mani un romanzo meritevole sono davvero pochissime.