SENTIMENTALE. DIVERTENTE. PICCANTE
Ebbene, cari lettori, sono arrivata a una sacrosanta conclusione – non chiudete la recensione dandomi mentalmente della pazza, aspettate almeno di capire quale e cosa c’entra con il libro di Annie Darling “La piccola libreria dei cuori solitari“, edito da Sperling & Kupfer, di cui parleremo oggi.
Ogni lettore appassionato che si rispetti ha il suo fetish, quando si tratta di lettura e romanzi, il piacere proibito a cui di tanto in tanto ama indulgere ma che magari non confesserebbe mai ad alta voce. Per qualcuno può essere la narrativa erotica, per qualcun altro gli Harmony. Ecco, per me sono i libri ambientati in libreria.
Per quanto trovarne di validi sia impresa quasi impossibile, per quanto leggerli non mi lasci mai del tutto soddisfatta e alla fine trovi più difetti che lati positivi, io non posso farci niente: quando un romanzo ha libri/librerie/librai nel titolo e nell’immagine di copertina ci sono buone probabilità che finirò per leggerlo.
Per questo non inizierò a parlarvi de “La piccola libreria dei cuori solitari” dicendo, come ho fatto diverse volte in passato (recensendo “La piccola libreria sulla Senna“, ad esempio), che dovrei smetterla di cedere alla tentazione e farmi deludere da questo tipo di libro – da oggi in avanti diamo per assodato che per me è impossibile resistere.
Detto questo, veniamo alla Darling e alla sua opera. La 28enne Posy, orfana di entrambi i genitori e tutrice legale del fratello 15enne Sam, si ritrova proprietaria della libreria londinese Bookends, che non naviga in acque molto tranquille.
Per esaudire le volontà della proprietaria precedente, Lavinia, che l’ha designata sua erede nel testamento, Posy dovrà mettersi di impegno, superare le sue paure e le sue ritrosie, e trovare un piano azzeccato di rilancio.
Peccato che il nipote di Lavinia, Sebastian, “l’uomo più maleducato e irrispettoso di Londra”, faccia tutto il possibile per sabotarla, proponendo idee alternative e presentandosi a turbare la nostra eroina nei momenti meno opportuni…
La trama, a grandi linee, è questa. Per quanto gli elementi originali non siano tantissimi – protagonista con del potenziale che deve sfruttare al meglio la sua occasione, aiutata dal fidato gruppo di amici, e magari, tanto che ci siamo, sistemarsi anche – la storia scorre, lo stile della Darling è piacevole, il mix tra sentimentalismo e ironia funziona.
Posy è un’eroina che migliora col procedere della storia. Inizialmente si resta perplessi dai suoi atteggiamenti da bambina piccola – essendo dovuta crescere in fretta ci si aspetterebbe da lei carattere, polso, forza di volontà -, dal suo avere la testa tra le nuvole, la tendenza a inventarsi storie, a raccontarle anche agli altri e a procrastinare. Poi ci si fa l’abitudine e si apprezza il suo essere divertente, impacciata e tenera.
Il suo rapporto con il fratello adolescente è credibile, le sue difficoltà nel crescerlo anche. Magari mangia un po’ troppi dolci, cracker e biscotti e tende un po’ troppo a scappare e sperare che le cose si sistemino da sole, però il suo non essere perfetta – anche fisicamente – è positivo. Posy non è una modella, è una quasi 30enne come tante, credibile tutto sommato.
Il suo mettersi a scrivere un romanzo Regency con protagonisti lei e Sebastian anticipa la svolta che il loro rapporto prenderà poi nel corso della storia – ma infondo non lo immaginiamo sin dalla prima pagina che quello che sembra un rapporto cane-gatto finirà per trasformarsi in amore? – però è divertente. Leggere quelle pagine, e le sue note a margine, fa sorridere e spezza il ritmo della storia.
Per quello che riguarda la trama avrei preferito forse che fosse dato maggior spazio alla libreria, ai lavori di aggiornamento, al rilancio – se ne parla, sì, ma sono quasi un contorno per le vicende personali di Posy – ma in ogni caso la storia scorre.
Ben riusciti e non banali i personaggi secondari, in modo particolare i tre librai/amici di Posy: il misterioso Tom, la timidissima Varity, la procace Nina. Di loro si sa qualcosa ma non moltissimo: il primo sta scrivendo una tesi di dottorato su un argomento misterioso, la seconda si rifiuta di parlare al telefono ed è fidanzata con un oceanografo che torna alla base due volte all’anno, la terza ama sfoggiare bizzarre tinte di capelli ed è alla ricerca dell’uomo perfetto, e intanto finisce sempre per uscire con quello sbagliato.
Ho apprezzato il fatto che l’autrice non abbia ceduto alla tentazione – come fanno in molti – di dare a ognuno di loro un lieto fine alla fine del libro, di svelare/risolvere/sistemare tutte le vicende invece che solo alcune.
“La piccola libreria dei cuori solitari” non si chiude con un happy ending collettivo, raffazzonato o improvvisato, si chiude in modo lineare con quello che è successo nelle pagine precedenti, in modo sensato.
Per quanto non sia un romanzo perfetto, uno di quelli che tra dieci anni probabilmente ricorderemo come un capolavoro, questo lo fa apprezzare più di tanti altri dello stesso tipo. Perché saper finire una storia in modo onesto ha un suo valore.
SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. Nì. CONSIGLIATO. IMPERDIBILE