Regola n.1: fidati soltanto di mamma e papà. Regola n. 2: gli estranei sono il pericolo. Regola n.3: non dire mai il tuo nome agli estranei. Regola n. 4: non avvicinarti agli estranei e non farti avvicinare da loro. Regola n. 5: se un estraneo ti chiama per nome, scappa!
Il nuovo romanzo di Donato Carrisi, “La casa delle voci“, edito da Longanesi, è capace di inchiodare alla sedia il lettore, ancor più dei suoi lavori precedenti. La storia si svolge in una Firenze spettrale, dove anche i monumenti sembrano nascondere verità dissimulate.
Un thriller psicologico in cui si viene catapultati in un mondo di mezzo, dove i personaggi, ciascuno a proprio modo, cercano delle risposte alle proprie inquietudini, ai propri conflitti irrisolti, agli ectoplasmi della coscienza che ritornano dal passato a reclamare i propri diritti usando l’ipnoterapia.
I protagonisti sono Pietro, uno psicologo infantile, o meglio un “addormentatore” di bambini, e Hanna, una creatura diafana venuta dall’altra parte del mondo, l’Australia. Ad accomunarli un passato ignoto, ricercato e rifiutato, forse inconfessabile, che pian piano si disvela.
Un racconto in cui vengono ripetute ossessivamente le cinque regole della casa, la “casa delle voci”, a difesa di un mondo “altro” rispetto a quello cattivo degli estranei: dove i reietti della società vengono condannati all’ invisibilità.
In un giorno qualsiasi Pietro riceve una telefonata da Adelaide, 15.450 km da Firenze. La collega Theresa Walker lo supplica di ricevere una sua paziente, una giovane donna, Hanna Hall, che sta tornando nei luoghi della sua infanzia, la campagna toscana, dove dovrebbe essersi consumato un atroce delitto, quello del fratellino Ado. A commetterlo, forse, proprio lei!
Hanna è intenzionata a ritrovare la casa che dovrebbe raccoglierne i resti: la casa delle voci. Quella casa in cui, in una sorta di rito di purificazione, lei e i suoi genitori correvano gridando i loro nomi, perché rimanessero loro ben impressi; un rituale che veniva ripetuto in ogni nuova casa, con nomi diversi. Per lei veniva scelto sempre un nome da principessa: Cenerentola, Biancaneve, Shaharazad. “La Mamma dice sempre che le case ricordano le voci di chi le abita, le custodiscono”.
Ma Hanna, una donna dalla personalità disturbata, ha bisogno dell’aiuto di uno psicologo, quello di Pietro, e di nessun altro. Pietro, sebbene riluttante – sino ad allora si era occupato solo di mettere ordine nella fragile memoria dei bambini, sospesa tra gioco e realtà –, incuriosito e anche inspiegabilmente attratto, decide di accettare l’incarico.
È cosi che il racconto si dipana attraverso una serie di sedute terapeutiche in cui, a volte, i ruoli del terapeuta e della paziente sembrano confondersi. E se le dicessi che ci sono forze magiche in questo mondo da cui non si può sfuggire, mi crederebbe? Lei crede agli spettri? E se nei primissimi anni della nostra vita avessimo la capacità di guardare oltre la realtà e interagire con mondi invisibili e poi perdessimo questa abilità diventando adulti?
“Pietro, è tutto finito! Puoi riaprire gli occhi”.
Un gran bel libro. Un racconto coinvolgente, dal ritmo rapido, incalzante, accelerato, senza cadute, da cui è difficile separarsi, anche fosse solo per respirare. Un finale sorprendente, che interroga anche le nostre coscienze. Buona lettura!