Un film di Ludovico Di Martino. Con Fabrizio Gifuni, Lino Musella, Monica Piseddu, Emanuele Linfatti, Andrea Pennacchi. Drammatico, 90′. Italia 2020
Il Capitano dell’esercito Leonida Riva ha affrontato conflitti in Somalia, Iraq, Bosnia, Rwanda, Afghanistan, è stato catturato e torturato, e una volta tornato a casa è diventato un estraneo per la sua famiglia, imbottito di farmaci e infuriato col mondo. Il soprannome di Bestia gli si addice e solo Teresa, la sua bambina di sei anni, gli corre ancora incontro, mentre gli altri – compresi la moglie Angela e il figlio maggiore Matteo – se ne tengono a distanza. Ma quando Teresa scompare la Bestia entra in azione, e tutto ciò che ha imparato durante quelle missioni dalle quali non riesce più a staccarsi tornerà utile per cercarla.
Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato, un giorno, di vedere Fabrizio Gifuni mettere da parte la sua naturale eleganza per trasformarsi, per esigenze di copione, in un tostissimo e rabbioso ex capitano delle forze speciali.
Va dato merito al produttore Matteo Rovere e al regista Ludovico Di Martino di averci visto lungo sulle sue capacità fisiche oltre che recitative, affidandogli una rischiosa patata bollente: diventare il Rambo italiano, senza però cadere nella parodia del personaggio interpretato da Stallone. E non solo, ma anche trovare una sintesi vincente tra Rambo e il Bryan Millis della saga “Io vi troverò”.
Già, caro lettore, è inutile girarci intorno: “La Belva” è la riposta nostrana a questi due celebri franchise, che hanno conquistato milioni di fan in tutto il mondo. Basta leggere la sinossi del film, per capire come gli sceneggiatori abbiano attinto a piene mani da progetti già collaudati.
Il rischio di un fallimento epico era dietro l’angolo. E invece Gifuni vince la sfida, dimostrando nuovamente tutto il proprio talento, carisma, esperienza ma sorprendendo anche il pubblico per l’incredibile naturalezza con cui si cala nel capitano Leonida.
Nomen omen, mi verrebbe da dire, perché come il leggendario re di Sparta questo Leonida è un guerriero fiero e indomabile. Dopo l’ultima tragica missione in cui ha visto morire tutti i suoi uomini, però, non è più lo stesso. È una “belva” in gabbia, incapace di sconfiggere i demoni della sua mente. E il senso di colpa ha distrutto anche la sua famiglia.
Ma ogni padre farebbe qualsiasi cosa per salvare la sua bambina. Così Leonida non esita a iniziare una guerra personale contro i rapitori della figlia…
Non voglio andare oltre con la trama, sia per evitarvi spoiler sia perché è abbastanza prevedibile come possa svilupparsi un film del genere. Inseguimenti, sparatorie, risse, morte, sangue, torture, fino all’epilogo con la resa dei conti con il capo dei cattivi (un bravissimo Andrea Pennacchi).
Nonostante la prevedibilità narrativa e gli espliciti riferimenti alle due saghe di cui vi ho parlato in apertura, “La belva” riesce comunque ad avere una sua identità, uno stile e una cifra cinematografica caratteristica, sfatando i pregiudiziali del pubblico.
La regia di Di Martino è attenta, adeguata, sicura nel dirigere il cast. Il regista dimostra di conoscere il genere, maneggiandolo con occhio attento alla visione d’insieme.
Un film caratterizzata da un discreto pathos, che si segue con buona attenzione. Consigliato soprattutto a chi non vede l’ora di vedere all’opera un Rambo di casa nostra.