Un film di Robin Pront. Con Jeroen Perceval, Kevin Janssen, Veerle Baetens, Sam Lowyck, Jan Bijvoet. Drammatico, 96’. Belgio, 2015
Non desiderare la donna d’altri, recita il nono comandamento. I fratelli, sulla carta, dovrebbero amarsi, proteggersi e sostenersi, peccato che anche in questo caso le Sacre Scritture hanno un’immagine da rimandarci, quella di Caino e Abele, i primi a rompere il sacro legame.
State sereni, cari lettori, non voglio tenervi un corso di catechismo accelerato o farvi la morale sull’importanza dei legami familiari, ma per cogliere appieno il senso e la profondità del film di Robin Pront “Le Ardenne – Oltre i confini dell’amore” tenere a mente questi due capisaldi biblici è utile.
Una villa. Un uomo dal volto coperto si lancia in piscina e riemerge ansimando. Dopo una corsa disperata raggiunge Sylvie (Baetens), che lo sta aspettando alla guida di un’auto.
L’uomo in questione è Dave (Perceval), riuscito a sfuggire a una rapina. Il fratello Kenneth (Janssen), invece, è rimasto indietro e sarà lui a pagare per tutti e due.
Irascibile, irruente ma leale, Kenneth tiene duro in carcere perché in testa ha un unico obiettivo: ritrovare, una volta uscito, Sylvie, la sua donna.
Peccato che lei e Dave, dopo la rapina finita male, si siano innamorati e abbiano deciso di cambiare vita, smettendo di drogarsi e di bere. Adesso conducono una vita normale, e aspettano un bambino. Ma per voltare davvero pagina devono dire la verità a Kenneth. E se Sylvie è pronta a farlo, Dave sembra subire ancora il fascino del fratello…
“Le Ardenne – Oltre i confini dell’amore”, tratto da una pièce teatrale di grande successo scritta e diretta dallo stesso Perceval, nella trasposizione cinematografica conserva gran parte delle sue epicità, pathos, forza e soprattutto crudezza e ferocia da tragedia greca.
DNA teatrale per un noir a tinte forti, atroce, cupo e ben interpretato.
Robin Pront, adattando la storia per il grande schermo, costruisce un intreccio drammaturgico dove speranza e ineluttabilità del destino si affrontano sulla scena, e alla fine sembra non esserci spazio per la salvezza.
Un film duro, cupo e denso nell’ambientazione e nell’atmosfera, lineare nella scrittura e pulito e secco nella regia.
“Le Ardenne”, avendo un DNA teatrale, fatica almeno nella prima parte a decollare, puntando troppo sulla fisicità e sui silenzi dei protagonisti piuttosto che sulle parole. Nella seconda parte, invece, cambia pelle, lasciando spazio al noir, alla crudezza delle azioni e alla ferocia dell’uomo, con maggiore ritmo, identità e pathos.
Un film atroce quanto potente e riuscito sul piano narrativo ed interpretativo, grazie a un cast di assoluto valore.
Il finale però lascia nello spettatore l’amara consapevolezza che oggi pensare a un lieto fine nelle questioni familiari è diventata una chimera, anche al cinema.