Un film di Donato Carrisi. Con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinicio Marchioni, Caterina Shulha. Thriller, 130′. Italia 2019
«Questo è un gioco, vero?». Samantha Andretti è stata rapita una mattina d’inverno mentre andava a scuola. Quindici anni dopo, si risveglia in una stanza d’ospedale senza ricordare dove è stata né cosa le è accaduto in tutto quel tempo. Accanto a lei c’è un profiler, il dottor Green: sostiene che l’aiuterà a recuperare la memoria e che insieme cattureranno il mostro. Ma l’avverte che la caccia non avverrà là fuori, nel mondo reale. Bensì nella sua mente.
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Secondo film da regista dello scrittore Donato Carrisi – dopo il grande successo dell’esordio “La ragazza nella nebbia”, vincitore anche di un David di Donatello -, “L’uomo del labirinto”, adattamento dell’omonimo romanzo, è un accattivante mix tra thriller d’azione e thriller psicologico.
Carrisi si diverte a giocare con il suo spettatore e lo sfida a raccogliere gli elementi che sapientemente dissemina nel suo racconto. Allo stesso modo si sfidano, cercando la verità, i due protagonisti del film, l’investigatore e il profiler, che seguono metodologie d’indagine completamente diverse. Tanto Genko (Servillo) è realista e concreto, tanto il dottor Green (Hoffman) è celebrale.
Visivamente accattivante, con un continuo gioco di capovolgimenti, illusioni, ambiguità e percezioni distorte, “L’uomo del labirinto” si muove tra le indagini nel mondo reale e quelle all’interno della mente di Samantha (Bellè), continuamente in bilico tra ciò che esiste e ciò che è solo immaginazione. Una costruzione avvincente e inebriante.
Ambientato in una città e in un tempo indefiniti, con inserimento di elementi tipici del thriller e dell’horror, come la presenza di specchi e pupazzi, e il cattivo dalla testa di coniglio, “L’uomo del labirinto” affronta il lato oscuro dell’uomo, lasciando addosso, dopo la visione, una serie di interrogativi e non detti che ti costringono a guardarti meglio intorno.