Un film di John Madden. Con Colin Firth, Matthew MacFadyen, Kelly MacDonald, Penelope Wilton, Johnny Flynn. Drammatico, 128′. USA 2022
Londra, 1943. Gli ufficiali Ewen Montagu e Charles Cholmondeley, membri dell’MI5 che sviluppa durante la guerra un sistema efficace di controspionaggio, escogitano un piano improbabile quanto ingegnoso per ingannare i nazisti e fargli credere che gli alleati sbarcheranno in Grecia invece che in Sicilia. Lo stratagemma consiste nel lasciare andare alla deriva, in prossimità della costa spagnola, il cadavere del maggiore William Martin, fornito di un fascicolo d’informazioni che attestano la sua esistenza e il falso piano di invasione. Il maggiore in questione è in realtà un povero diavolo morto avvelenato e “prestato” alla patria, che gli inventa una nuova identità. A guidare l’operazione Mincemeat, con Montagu e Cholmondeley ci sono anche Ian Fleming, il padre di James Bond, e Jean Leslie, segretaria dei servizi segreti che ispira il romance di William Martin e innamora perdutamente i due ufficiali. Tra dolori intimi e dovere patriottico, i nostri faranno l’impresa.
La tragica cronaca del conflitto russo-ucraino degli ultimi tre mesi sta facendo vivere tutta l’Europa in un clima di incertezza, paura e ansia, che ricorda il secolo scorso.
Lo spettro della “guerra mondiale” è tornato ad aleggiare su di noi, e la pace, che fino a ieri davamo per scontata, adesso sembra precaria. Come in un – brutto – film siamo tornati a parlare di corsa agli armamenti, scenari bellici possibili e minacce assortite.
In una cornice tanto drammatica volgere lo sguardo al passato e ricordare cosa hanno significato per il mondo intero i precedenti conflitti può forse servire da monito e da fonte d’ispirazione.
Le guerre non si combattono solo con le armi e i soldati sul campo, ma anche con l’intelligence, in operazioni meno eclatanti, forse, ma di vitale importanza. La vittoria degli Alleati contro i Nazi-fascisti, ad esempio, venne costruita anche su questo piano.
Il film “The imitation game” di Morten Tyldum, con protagonista Benedict Cumberbatch, ha aperto nel 2014 un filone spionistico e bellico che potremmo definire atipico, giocato più sulla componente mentale che su quella prettamente fisica.
“L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat” di John Madden consolida il genere: un film di guerra strutturata come fosse una partita a scacchi o se preferite un gioco di prestigio, dove però la posta in palio sono migliaia di vite umane.
Vista da una prospettiva moderna sembra incredibile che l’operazione Mincemeat abbia potuto avere successo. Gli interpreti del piano, però, gli ufficiali dell’MI5 Ewen Montagu (Firth) e Charles Cholmondeley (MacFadyen), Ian Fleming (Flynn), il padre di James Bond, e Jean Leslie (MacDonald), segretaria dei servizi segreti, furono abili a metterlo in atto – aiutati anche da una buona dose di fortuna.
Lo spettatore entra in questa storia dall’intreccio fluido, incalzante e mai banale, che giustappone “l’azione” vera e propria ai risvolti sulle vite dei personaggi. Il cast si dimostra all’altezza del compito, dando prova di esperienza e personalità.
“L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat” si lascia guardare con interesse e curiosità crescenti, nonostante il minutaggio eccessivo, grazie anche alla buona ricostruzione scenografica e ambientale. Un film che ci ricorda come nessuna guerra si vince con la sola forza bruta e che anzi, spesso le svolte decisive avvengono lontane dai campi di battaglia, grazie alla coraggiosa lungimiranza di eroi “da scrivania”.