di Riccardo Carosella
Un film di Nuri Bilge Ceylan. Con Dogu Demirkol, Murat Cemcir, Bennu Yildirimlar, Hazar Ergüçlü, Serkan Keskin. Drammatico, 188′. Turchia, Francia 2018
Sinan si è appena laureato e torna a casa, nel villaggio turco di Can. Il suo sogno è pubblicare il manoscritto su cui ha lungo lavorato e che racconta il suo mondo in maniera fortemente personale. Ma poiché non è un racconto spendibile a scopo turistico nessuno sembra interessato a pubblicarlo. Inoltre il padre di Sinan, il maestro elementare Idris, ha accumulato debiti attraverso le scommesse sulle corse dei cavalli e i suoi creditori si rivolgono continuamente al figlio per ottenere una restituzione.
Alcuni film, all’apparenza semplici, nascondono in realtà una grande complessità che ne rende la comprensione difficoltosa. È il caso di “L’albero dei frutti selvatici” del regista turco Nuri Bilge Ceylan, di grande spessore emotivo.
La vicenda è raccontata attraverso due differenti punti di vista: quello del neolaureato Sinan, che torna a casa, nel suo villaggio in Turchia, col sogno di pubblicare un manoscritto, e quello del padre Idris, maestro elementare oberato dai debiti.
Sinan è un ragazzo intelligente, sensibile e affamato di sapere che nonostante il controverso rapporto col padre cerca di aiutarlo e in un certo senso di emularlo, provando a superare l’esame per il concorso da insegnante e anche a pubblicare il suo libro, “L’albero delle pere selvatiche”, sogno di entrambi.
Idris, dal canto suo, è un sognatore, un uomo di cultura pieno di vita, una sorta di esteta che si butta in progetti impossibili perdendo denaro e allo stesso tempo fiducia. I creditori, stanchi di inseguirlo, iniziano ad assillare il figlio per avere indietro i loro soldi e questo porta i due, padre e figlio, a entrare ancor di più in contrasto.
Nell’ottimo cast del film spicca in modo particolare Murat Cemcir, che interpreta Idris, un uomo che sembra uscito fuori proprio da quella terra e da quella natura che tanto ama e a cui è tanto legato. Un uomo pieno di vizi ma anche di quella vitalità che lo porta a scontrarsi e a dire sempre la sua, che sia nel giusto o nel torto, quasi sempre con un ghigno stampato in viso e uno sguardo fiero e al contempo arrogante verso tutto e tutti.
Entusiasmante l’ambientazione nella campagna turca che coi suoi colori caldi e vivaci porta lo spettatore ad addentrarsi ancora più profondamente nella natura della terra, e dei personaggi del film.