Vittorio De Agrò è nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo. Nel 2014 produrrà un corto ispirato al libro.
Conosciamo meglio questo autore, che dal gennaio 2013 gestisce anche il blog Il ritorno di Melvin, visitato da lettori di 57 paesi distribuiti nei 5 continenti.
Iniziamo da principio: perché hai scelto di usare uno pseudonimo, Vittorio De Agrò, per firmare la tua produzione letteraria? La scelta in sé per sé non è così atipica, ma colpisce il fatto che tu non ti sia limitato a cambiare nome, ma abbia creato un vero e proprio personaggio, con tanto di biografia. Una scelta che può far pensare agli eteronomi di Pessoa.
Prima di tutto grazie per ospitarmi nel vostro bel sito. La scelta dello pseudonimo nasce da una precisa richiesta fatta da mia madre quando ho deciso di condividere con il mondo, attraverso il web, la mia vita e le mie esperienze. “Vittorio pensaci bene, se vai avanti rischi la morte civile”, così mamma mi disse dopo aver letto il romanzo in anteprima. Un libro che racconta del disagio mentale, ma nel 2014 TSO (ricovero coatto) e psicofarmaci per molti sono ancora temi tabù. La mia è una famiglia molto formale e conservatrice, oltre a essere siciliana Personalmente ero pronto a mostrare il mio volto, ma quando mi sono reso conto che raccontare la mia storia significava indirettamente raccontare quella degli altri, ho ritenuto giusto tutelare tutto e tutti, usando pseudonimi e soprannomi. Una mia cara amica mi disse chiaramente, dopo aver letto il libro: “Io non voglio entrarci. Fai una presentazione e ti tolgo il saluto”. Così ho dovuto “creare” Vittorio De Agrò, che in vero è parte di me. De Agrò è il cognome della mia bisnonna. Vittorio è il mio terzo nome. De Agrò è il mio alter ego, ma a differenza di Melvin, è sicuramente una parte sana. Tramite Vittorio racconto di me ogni giorno attraverso i social network. Mostro cosa leggo, cosa vedo in Tv o al cinema. Mi piace l’idea che ci possa essere un legame diretto tra lettore e scrittore. Forse per qualcuno Vittorio De Agrò sarà una maschera, una trovata pubblicitaria, ma posso assicurare che dietro lo schermo c’è un uomo fatto di sangue ed emozioni che scrive e risponde con assoluta sincerità e passione.
“Essere Melvin” è il tuo primo romanzo, una storia che intreccia realtà e finzione. Vuoi raccontarci qualcosa di questo lavoro particolarissimo?
Essere Melvin è nato come esercizio terapeutico che Lo Splendente, mio psichiatra, mi spinse a scrivere fin dall’inizio del mio percorso terapeutico. “Vittorio tu hai un dono nel raccontare le cose. Sei però una persona molto chiusa. Comincia a scrivere la tua storia, servirà a me per curarti, ma soprattutto così potrai mettere per iscritto i tuoi file e liberarti”. Melvin è una confessione laica, un viaggio nella memoria e dell’anima e mi auguro soprattutto un libro che possa dare speranza ai tanti che soffrono di un disagio mentale, che per vergogna soffrono in silenzio e si sentono ghettizzati da una società ignorante e razzista perché la vulgata popolare dice “Vai dallo psichiatra? Sei pazzo. Sei pazzo? Allora sei pericoloso e da evitare”. Ecco, Melvin spero che serva a sdoganare questi stupidi pregiudizi che io stesso ho conosciuto sulla mia pelle in questi anni. L’Italia è un paese del terzo mondo anche nella cultura psichiatrica e i media non aiutano usando con disinvoltura la parola folle.
Il romanzo, auto-pubblicato a febbraio, verrà ristampa da Cavinato editore. Parlaci del tuo percorso editoriale. Hai pensato subito al self, oppure è stata una scelta obbligata? E quali sono le tue aspettative da questo “salto di qualità” verso l’editoria classica?
Fino a un anno fa non conoscevo nulla del mondo dell’editoria, ero un semplice lettore. Quando decisi che dopo il blog avrei tentato la strada della pubblicazione, avevo però le idee abbastanza chiare, consigliato da amici scrittori, su come muovermi. L’auto-pubblicazione è una sfida. Lo scrittore diventa imprenditore di se stesso. Io ho investito in pubblicità radiofonica e sul web per farmi conoscere. Prima di pubblicarlo, ho affidato il romanzo alle professionali mani dell’agenzia letteraria West Egg che mi ha supportato e aiutato nell’editing e poi nella pubblicazione su Lulu. Poi ho avuto la fortuna di conoscere il sito writer’s dream, un portale gestito da scrittori dove è possibile scambiare opinioni ed esperienze tra scrittori. Lo consiglio caldamente a chiunque decida di provare l’avventura letteraria. Il Dottor Cavinato ha avuto il coraggio e direi “la lucida follia” di credere in Melvin, rispetto ad altri editori che, pur ritenendolo interessante, non hanno voluto rischiare, e per questo lo ringrazio pubblicamente. La collaborazione è nata la scorsa estate e posso dire che mi sto trovando bene dal punto di vista umano e professionale. Il libro è disponibile in versione cartacea da pochi giorni e prossimamente sarà anche un e-book. Cosa mi aspetto? Sperando che Cavinato non mi senta, al di là delle vendite vorrei che Melvin diventasse un amico per molti, che i lettori sentissero il desiderio di conoscerlo meglio e magari di presentarlo ad altri amici. Cavinato mi dà gli strumenti per rendere possibile questo passaparola.
Da esordiente, come valuti la situazione editoriale italiana? C’è apertura verso i giovani e le nuove idee? E quanto ha cambiato il panorama l’auto-pubblicazione e il mercato digitale?
Come tutti gli esordienti ho bussato a molte porte e molte sono rimaste chiuse e se hanno socchiuso la porta è stato per dire di no. Si dice che in Italia ci siano più scrittori che lettori. Probabilmente è vero. Tutti sentono il bisogno di scrivere, di raccontarsi, e pochi hanno la pazienza di leggere. Io non mi definisco uno scrittore, non oso sfidare l’ira del sindacato degli scrittori. Scrivo per motivi terapeutici. Ci sono troppi pseudo editori che “abusano” e speculano sui sogni e sull’ingenuità degli aspiranti scrittori. L’editoria a pagamento è legale, ma svilisce, a mio avviso, il concetto vero dell’editore, ovvero quello di imprenditore della cultura. Se chiedi soldi per pubblicare non rischi del tuo, ma sei solo un mero tipografo. Ci sono tanti giovani scrittori di talento – ne ho avuto la conferma collaborando da qualche mese con il blog letterario Il rumore dei libri di Lidia Ottelli -, c’è voglia di cambiare e di stupire, ma gli editori sono conservatori e restii a investire. L’auto-pubblicazione, da questo punto di vista, ha permesso di dare qualche piccola scossa al sistema. Personalmente ho conosciuto e letto quest’anno due giovani autrici che si sono prodotte da sole e con merito hanno scalato le classifiche di Amazon e sono state adocchiate da un’importante casa editrice nazionale. Alla fine, il talento e i buoni libri hanno la meglio su tutto e tutti.
Scrittore, ma anche blogger. Due forme di espressione che si accavallano, oppure i due piani restano nettamente separati?
Il blog (Il ritorno di Melvin) è nato nel gennaio 2013 su consiglio del mio amico giornalista Guido Vitiellio, per verificare se la storia di Melvin potesse avere un seguito tra i lettori del web .Quando poi il blog ha esaurito il compito di raccontare il viaggio di Mel, mi sono chiesto cosa farne, dopo i tanti attestati di stima e le buone visualizzazioni (25 mila viste , 57 paesi nei 5 continenti). Ho deciso allora di raccontare le mie passioni (cinema, libri, teatro, tv), seguendo il rigoroso spirito dello spettatore pagante. Non sono un giornalista, né un critico, ma mi piace condividere con i miei “tre lettori” le mie emozioni. Scrivere mi aiuta a controllare i pensieri e in fondo mi piace parlare di me, essendo molto egoista ed egocentrico, come dice la mia amica Potter.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Da grande vorrei fare il produttore, mi piacerebbe rientrare nel mondo dei Balocchi, stavolta senza maschera e bastone. So che è una strada difficile, complessa, da percorrere, ma io amo camminare e sono testardo. Sto lavorando da mesi per creare un team di professionisti, perché credo che Melvin abbia del potenziale artistico. Mi sto muovendo a 360 gradi. Il 2015 spero che sia un anno di svolta. Nel febbraio 2013 ho conosciuto lo sceneggiatore Giancarlo Buzzi di Ispra. È nata un’amicizia e una collaborazione proficua. Ho promesso a lui e agli amici che presto calcheranno il red carpet e sono solito mantenere le promesse. Lo dico sottovoce per non turbare il sindacato degli scrittori, ma forse in futuro prossimo, i lettori saranno costretti a leggere altri miei deliranti scritti.
E il tuo sogno nel cassetto?
Più che sogno, una speranza: di continuare a svegliarmi ogni mattina sereno e pronto ad affrontare la giornata dopo aver urlato davanti allo specchio. Fose per molti sarà poco, ma per me è il più bello dei sogni.