Nel corso degli ultimi 20 anni, dalla loro istituzione nel 1998, gli European Shooting Stars hanno lanciato le carriere internazionali di alcuni giovani promesse del cinema europeo – Alba Rohrwacher, Alicia Vikander, Riz Ahmed, Alessandro Borghi – affermandosi come uno degli eventi collaterali più attesi della Berlinale.
Dei magnifici 10 dell’edizione 2018 fa parte anche l’attrice italiana Matilda De Angelis, nota al grande pubblico per il film “Veloce come il vento” con Stefano Accorsi e per il ruolo di Ambra nella serie tv “Tutto può succedere”.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarla a Berlino.
Ciao Matilda, sicuramente ti hanno chiesto tutti come è essere tra gli Shooting Stars, e come ti senti a rappresentare l’Italia.
Tu non me lo chiedi, quindi.
Non te lo chiedo, però se non ti sei ancora annoiata di parlarne e vuoi dire qualcosa puoi dirla lo stesso.
Allora, oggi è il secondo giorno, ieri abbiamo avuto una giornata piuttosto pesante con sveglia alle cinque che non ha aiutato… Devo dire che sono arrivata e ho trovato un ambiente super caloroso, anche per la freddissima Berlino, e quindi sono stata contentissima, perché ero un po’ nervosa soprattutto all’idea di conoscere gli altri ragazzi. Invece si è creata subito un’armonia di gruppo, perché siamo tutti un po’ simili nonostante le diverse provenienze geografiche. Perciò oggi sono già molto più rilassata rispetto a ieri e non vedo l’ora di vedere cosa mi aspetta nei prossimi giorni.
In passato ti sei definita “cantattrice”.
Sì, mi sono definita così, e mi è stato chiesto in varie interviste: “Ti senti di più cantante o attrice?”, ma è come se mi chiedessero: “Preferisci che ti vengano tolte le braccia o le gambe?”, perché a me piace fare entrambe le cose! Cerco di portare avanti le due professioni parallelamente. Ed è una concezione forse un po’ troppo italiana quella di dover separare per forza i due piani, come se si faticasse ad accettare che un artista possa vivere di molteplici forme d’arte.
Stai considerando anche la pittura e la fotografia?
No, no, faccio schifo a disegnare! E non ho nemmeno l’occhio per creare delle composizioni visive…
Ma nel tuo futuro potrebbe esserci un musical magari?
Sì, mi riempirebbe di gioia fare un musical, sia al cinema che al teatro, combinerebbe le mie due passioni. Finora ho fatto solo cinema, mai teatro, e in Italia non c’è una divisione così netta tra attori di cinema e di teatro, per fortuna. Sono stata a lungo sul set di una serie televisiva, che è stata come una scuola di recitazione per me, ma sono riuscita lo stesso a non chiudermi su quel personaggio, per quanto lo abbia amato, e a fare quattro film nel frattempo.
Parlando dei tuoi personaggi, hai interpretato donne molto diverse: alcune forti e decise e altre fragili. È una coincidenza, oppure una tua scelta di interpretarle così per dimostrare la tua versatilità?
In realtà questi personaggi sono tutte donne di cristallo mascherate da una corazza, così le chiamo io: sono diverse ma tutte fragili. Ragazze borderline con diverse sfaccettature, ognuna richiedeva un atteggiamento specifico, una voce specifica, anche uno sguardo specifico. Quindi ho fatto preparazioni diverse per ognuna, anche con l’aiuto della musica, perché io uso molto la musica per immedesimarmi in un ruolo. Ma quando un personaggio è ben scritto viene fuori da solo, tu devi solo seguirlo e aiutarlo a emergere.
Sei particolarmente affezionata a qualcuno dei tuoi personaggi o li hai amati tutti allo stesso modo?
Li ho amati tutti molto, ma sicuramente non allo stesso modo. Giulia è stata la mia prima, l’inconsapevole, perché l’ho fatta ma senza sapere come e perché. Poi c’è stata Matilde di “Youtopia” per la quale invece ho scelto di andare a scavare in qualcosa di torbido. Per prepararmi per Stella, di “Una famiglia” di Sebastiano Riso, ho guardato dei gatti, solo gatti per mesi, perché ero convinta che lei fosse come un gatto randagio, scappa e graffia ma poi se le dai da mangiare torna a casa. Per ognuna sono andata a cercare una parte specifica di me stessa e l’ho portata a galla, e credo che sia questa la versatilità che un attore deve avere.
A proposito di donne nel cinema, negli ultimi mesi si è parlato tantissimo dello scandalo delle molestie. Tu, come donna e come attrice, ti senti fiera di aver detto qualche “no” nella tua vita o magari ti penti di averne detti troppo pochi?
Io sono stata molto fortunata finora, perché ho incontrato solo persone corrette e interessate al mio talento senza secondi fini. Ci sono state delle volte in cui ho dovuto impormi un po’ di più, per esempio quando ho fatto il secondo provino per “Youtopia”. La ragazza che interpreto ha un rapporto molto ludico con il suo corpo, e al provino il regista mi ha chiesto di inscenare uno spogliarello e io mi sono rifiutata. Col senno di poi, ho capito che lui voleva solo capire quanto io fossi disinvolta e preparata, ma al momento io ho detto subito: “No, non mi spoglio”. Quindi sono convinta che sia possibile dire no. Bisogna però distinguere con attenzione tra una richiesta artistica di un regista e un sopruso, una violenza, perché c’è una grande differenza.
Per chiudere, quanto credi che nel cinema sia importante la bellezza fisica e quanto credi invece possa essere una maledizione?
Sicuramente noi viviamo di immagine e quindi ne siamo spesso vittime. In Italia anche più che in altri Paesi si tende a dare grande importanza ai canoni estetici. Personalmente io non mi sono mai sentita bella, quindi non punto sulla bellezza, e quando mi viene detto che sono bella mi imbarazzo o mi arrabbio proprio. Ho degli ideali di donne come Meryl Streep, non belle in modo evidente ma grandi attrici, ma anche di altre che sono sia talentuose che bellissime. Il talento dovrebbe venire prima dell’aspetto fisico, ma riconosco che siamo vittime della bellezza, anche nel mondo musicale è così.
Indubbiamente anche l’occhio vuole la sua parte… A proposito, belle scarpe!
Grazie! E un saluto ai lettori di Parole a Colori.