Intervista all’attrice Tania Garribba, la Satnei del film “Il primo re”

Dal teatro al set del film epico e crudo, attratta dalla sfida espressiva rappresentata dal proto-latino

Tania Garribba è la vestale Satnei nel film "Il primo re". ©Fabio Lovino

È uno dei volti nuovi del momento del cinema italiano, unica protagonista femminile in un film feroce e “maschio” come “Il primo re” di Matteo Rovere. Stiamo parlando dell’attrice napoletana Tania Garribba.

Proveniente dal mondo del teatro, dove si è formata e ha lavorato per anni, a partire dal 1994, poco avvezza ai provini cinematografici, è stata conquistata e spinta a presentarsi per il film di Rovere dalla lingua, un folle proto-latino, che ha rappresentato per lei una sfida ma anche un bell’esperimento espressivo.

Ne abbiamo parlato con Tania Garribba nella nostra intervista.

 

Nel “Primo Re” interpreti la vestale Satnei, l’unico personaggio femminile di spicco in un mondo di uomini. La tua prima impressione quando hai letto la sceneggiatura del film di Matteo Rovere?

Prima ancora di leggere la sceneggiatura mi è stato chiaro che quella che andavamo a raccontare era una storia fortemente maschile, come lo è la storia e la cultura da cui proveniamo. Ciò che mi ha piaceva del personaggio di Satnei è che non ricalcava lo stereotipo classico della vestale protettiva e passivamente aderente alla propria funzione. Satnei accetta ed esercita il ruolo di intermediario tra il divino e l’umano, ma lo subisce anche, consapevolmente, malgrado se stessa. Ci racconta di un femminile schiacciato su una funzione, quella di tradurre un ordine del divino in norma di condotta umana e sociale, cosa che naturalmente le conferisce anche un potere. Ma Satnei è anche funzione drammaturgica: porta il filo che ci permette di rendere leggibile il conflitto che incarnano i due fratelli, quello tra l’obbedienza e l’insorgenza rispetto alla legge divina.

Tania Garribba sul set de “Il primo re”. ©Fabio Lovino

Satnei affronta un suo percorso durante il film: da donna temuta e misteriosa a personaggio pericoloso e persino sacrificabile. Come hai vissuto, tu, il cambiamento? Ti sei ispirata a qualche celebre personaggio della mitologia, per la tua vestale?

Satnei è sacrificabile per lo stesso motivo per cui è temibile: perché incarna l’imperativo misterioso del divino. Ha a che fare col sacro e dunque col sacrificio. L’atto di ribellione che compie Remo contro la legge divina, non può che trascinarla nella distruzione. L’arco che compie il personaggio è quello di una progressivo coinvolgimento negli avvenimenti di cui è inizialmente solo testimone. Poi comincia a essere partecipe, a con-patire, e anche in qualche modo a parteggiare. Non posso non pensare alle Cassandre, naturalmente. A quell’esperienza per cui il corpo viene spossessato e l’individualità viene fatta da parte per lasciar posto ad altra voce. Al rischio cui è sottoposta colei che vede prima e meglio.

Come ti sei preparata per il ruolo? La tua formazione teatrale ti ha aiutata a entrare a pieno nel personaggio, vista anche l’importanza del linguaggio del corpo e dell’espressività che nel film molte volte sono più importanti delle parole?

In questo film credo che l’esperienza teatrale, che molti di noi hanno, sia stata fondamentale. Il rapporto con una sceneggiatura tutta da incarnare, i contenuti secchi, brutali, voce di un tempo in cui il discorso è esclusivamente strumento per esprimere necessità e bisogni, fuori da ogni speculazione o psicologia… Satnei è un personaggio rituale e quindi molto teatrale. Piuttosto, per me, la grande scommessa è stata cercare di capire come trasformare gli strumenti di cui disponevo, appunto quelli del teatro, in altro. Il processo di lavoro è diverso e sorprendente, quello che sai fare sembra non valga più, va “riconvertito”, una volta poi capito come funziona però torna!

©Fabio Lovino

E com’è stato, invece, recitare in proto-latino?

La lingua è stata la trappola che mi ha attratta dentro quest’avventura! Non avevo mai fatto cinema e non facevo provini, ma quando ho letto la scena, in questa lingua folle, mi sono subito innamorata! Mi sembrava un esperimento affascinante e lo è stato. Lavorare con le parole senza essere vincolati esclusivamente dal significato, lasciandosi guidare dal suono, dalla musica, per far emergere il senso.

Al centro del “Primo re” c’è un mondo primordiale dominato dalla violenza ma anche il rapporto tra i fratelli Romolo e Remo. Com’è stato lavorare con Alessandro Borghi e Alessio Lapice su un set così immersivo? Qualche aneddoto da raccontare?

I compagni di lavoro sono stata parte fondamentale di quest’esperienza. Il lavoro è stato duro e intenso e siamo subito diventati una “comunità”. Dentro e fuori dal set siamo stati insieme e ci siamo molto divertiti. I personaggi ci rimanevano attaccati addosso, e a un certo punto abbiamo cominciato a scherzare in proto latino! È stato molto bello confrontarsi con chi aveva più esperienza di me. Sul set mi sentivo un po’ un’ aliena, a volte mi mancava il vocabolario per interpretare le indicazioni. Alessandro ad esempio è sempre stato molto generoso anche nell’aiutarmi a orientarmi e mi sono sentita accolta da tutta questa banda di maschi.

L’attrice Tania Garribba

Prima della Roma antica che tutti conosciamo, prima dei Re e degli Imperatori, c’era un mondo duro, dove vigeva la legge del più forte, i deboli venivano spazzati via e le donne non avevano una voce. Ritrovi qualche similitudine con il mondo di oggi?

Quella in cui viviamo è una società patriarcale, fondata su relazioni di potere che esercitano dominio non solo sulle donne, ma anche su tutte le persone incasellate in categorie “fragili” – i gay, gli immigrati, i disabili, i vecchi… e la violenza viene esercitata in modo molto più strutturato. Ciò su cui forse è interessante riflettere è il movimento all’origine della nascita di Roma, che è un principio di costruzione di comunità a partire dai senza terra, criminali, diseredati, un principio a suo modo inclusivo! Piuttosto lontano dalla violenta costruzione di barriere e confini dei nostri giorni!

Archiviato questo progetto e il ruolo di Satnei, cosa dobbiamo aspettarci adesso da Tania Garribba? Dove ti vedremo nei prossimi mesi?

Adesso sto lavorando a un progetto teatrale con la regia di Lisa Ferlazzo Natoli prodotto da Emilia Romagna Teatro, Teatro di Roma e Teatro Due di Parma. “When the rain stops falling” è un testo australiano di Andrew Bowell che viene rappresentato per la prima volta in Italia. È un testo difficile e straordinario sulle generazioni e con un bellissimo cast. Debuttiamo il 6 febbraio a Bologna e saremo all’Argentina a Roma dal 16 febbraio al 3 marzo. Subito dopo, la ripresa di “Settimo cielo” di Caryl Churchill con la regia di Giorgina Pi.