Intervista allo sceneggiatore di cinema e teatro Giancarlo Buzzi

Il fuoco che cadeSe il destino di ognuno di noi è scritto nelle stelle e nei pianeti che presiedono alla nostra nascita, chissà cosa avrà raccontato l’oroscopo di Giancarlo Buzzi, venuto al mondo il 2 giugno 1946, giorno della proclamazione della Repubblica Italiana.

Scrittore, attore, sceneggiatore di cinema e teatro, ha alle spalle una lunga e poliedrica carriera.  A Ispra, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, ha creato un Festival del Cinema Povero, di cui oltre che ideatore è direttore artistico.

È un piacere avere su Parole a Colori, per parlare di scrittura, ispirazione e arte intesa a 360°, Giancarlo Buzzi.

 

Inizio col chiederti come ti presenteresti al pubblico in poche parole.
Al pubblico mi presenterei così: Salve a tutti, sono Giancarlo Buzzi, nato con la Repubblica Italiana, il 2 Giugno 1946, pensionato, ex direttore di una Casa di Riposo per Ciechi, mi piace scrivere per il Teatro e per il Cinema. Alcuni miei lavori teatrali sono stati pubblicati su una rivista, “Teatro”, e da lì è iniziata la mia fortuna di scrittore dilettante. Qualche sceneggiatura è poi diventata film e da li è continuata la mia passione per il cinema e il teatro.

Hai iniziato a scrivere sceneggiature nel lontano 1976. Com’è nata l’idea? Fare lo sceneggiatore è sempre stato il tuo sogno?
La mia storia parte da una Compagnia Teatrale di cui ero entrato a far parte per curiosità. Mi avevano assegnato un ruolo da vecchietto e ricordo ancora il chilo di biacca messo in testa per sbiancare i capelli. Allo spettacolo era presente anche la maestra dell’asilo frequentato da miei nipoti che mi chiese se potevo dare una mano per allestire lo spettacolino di fine anno, e così scrissi con lei il primo copione teatrale. Ne seguirono altri e, insomma, ero diventato lo scrittore di teatro dell’Asilo. Il passo da un testo per l’asilo a uno per adulti fu breve, giusto il tempo per comprarmi e leggere una ventina di libri e documentarmi su come si scrive per il teatro. Composi il primo lavoro, “Il Viaggio di John”, e lo presentai alla Compagnia Teatrale con uno pseudonimo inglese. Venne accettato perché scritto da un inglese e messo in scena, e ancora viene replicato, principalmente da compagnie teatrali di giovani. Ad oggi i miei lavori sono stati replicati circa 700 volte in tutta Italia. La scrittura per il cinema, invece, dopo aver capito come funzionava, è nata nel 2006, nel boom della tecnologia audiovisiva. Avendo a portata di mano anche un tecnico attrezzato, ci siamo messi a girare un film, “Il fuoco che cade”: un paese intero occupato nelle riprese, dal Sindaco al Parroco al Barbiere, oltre 100 persone coinvolte, un successo incredibile. Così ci ho preso gusto, sono arrivati i primi riconoscimenti ai concorsi e, insomma, eccomi qui ancora oggi a scarabocchiare fogli.

Quanto ritieni che sia diverso, oggi, il panorama per chi sogna di fare lo sceneggiatore in Italia? C’è ancora spazio per il puro talento o tutto è molto più istituzionalizzato?
Fare lo sceneggiatore oggi in Italia, è tempo perso. Oramai quelli che realizzano film scrivono anche la sceneggiatura. La tecnologia con un costo accessibile (Canon, Panasonic, ecc.) offre a tutti la possibilità di diventare registi del film che si è scritto. Le case di produzione importanti hanno i loro registi di grido, quelli che non azzeccano un Festival Internazionale, ma che assicurano la sopravvivenza, ed è giusto così, visto che sono aziende e un’azienda per funzionare deve guadagnare. Chi ha talento sicuramente emergerà, ma dove lo si trova il talentuoso e sopratutto da chi sarà ascoltato e giudicato tale?

Nonostante il panorama desolante, che consigli ti sentiresti di dare a un giovane collega? Cosa non può mancargli, per potere fare questo lavoro?
A un giovane collega che con testardaggine vuole fare il lavoro di sceneggiatore, consiglierei innanzitutto di documentarsi bene, ci sono parecchi testi molto buoni in circolazione; poi consiglierei di leggere le sceneggiature, sul web se ne trovano di grandi sceneggiatori. Consiglierei di non frequentare corsi, perché sono una fregatura – non si impara nulla e costano una cifra (alcuni amici chiamati a tenere lezioni mi hanno confessato che farebbero salti di gioia riuscissero a trovare qualcuno disposto a produrre un loro script). Consiglierei poi una cosa importante: scrivete storie comprensibili a tutti, senza fronzoli metaforici o sottotesti incomprensibili. Sono finiti i tempi dei cineforum o dei circoli culturali dove si discuteva per ore senza concludere nulla. Sì, ne esistono ancora, politicizzati, inutili. Sono i circoli che hanno inflazionato persino un genio come Pasolini. Vi ricordate il cineforum di Fantozzi? Ebbene noi siamo ancora a quello stadio. Prendiamo esempio dagli Spagnoli: prima i circoli culturali dove venivano proposte pellicole comprensibili solo a snob che si credevano i padreterni della pellicola andavano per la maggiore, ma poi hanno capito che senza il pubblico che poi ti seguirà, non vai lontano e il pubblico al cinema non è mai snob, sa apprezzare il bello e il bello. Ecco, scrivete storie che possano essere apprezzate a Palermo come a Los Angeles. Internazionalizziamoci, basta con i piccoli quadretti da parrocchia, siamo nell’era della globalizzazione. Usciamo dal provincialismo e dalle solite trame; dimostriamo che non siamo solo pizza, mandolino e mafia!

Senza girarci troppo intorno, lo sceneggiatore è un lavoro che consiglieresti di fare una persona cara?
Lo sceneggiatore, inteso come unico detentore dell’idea, del soggetto e della stesura definitiva , non può essere considerato un lavoro, è un’arte. Esiste anche il mestiere di sceneggiatore – alcuni a stipendio fisso lavorano in Rai o a Mediaset, collaborano alle sceneggiature di fiction e probabilmente il loro nome appare anche nei titoli di coda. Naturalmente ci sono tre o quattro nomi importanti, ma quelli non li considero nemmeno. Per adesso lo sceneggiatore/artista lo si può fare per hobby.

Dal 17 al 19 luglio si terrà la nuova edizione del Festival Internazionale del cinema povero di Ispra, da te ideato. Già il nome fa pensare di trovarsi davanti a qualcosa di diverso dai festival alla moda, tutti lustrini e champagne? Ci sbagliamo?
Al nostro Festival Internazionale del Cinema Povero si può partecipare anche in calzoni corti. Cerchiamo di essere un Festival diverso dagli altri che ho frequentato. Innanzitutto, alla fine scegliamo solo film con una storia semplice, comprensibile a tutti, ben fotografata, ben montata che emozioni il pubblico. La scorsa edizione abbiamo avuto vincitori che in seguito hanno riscosso premi su premi a livello internazionale, segno che la nostra giuria non formata da addetti ai lavori, ma appassionata e molto preparata culturalmente, ha scelto bene.

Non solo sceneggiatore, ma scrittore e attore. Come riesci a far convivere tutte le sue anime artistiche? Non si pestano mai i piedi?
Sì, forse faccio un po’ ridere, alla mia veneranda età, però devo dire che fino ad oggi le cose si sono alternate. Quando faccio l’attore non faccio lo scrittore e viceversa. Riguardo allo scrittore inteso in senso tradizionale, devo dire che ho scritto in vita mia soltanto due racconti, pubblicati su altrettante antologie, e un libro di 120 pagine, che non verrà mai pubblicato, scritto in 15 giorni esatti e che hanno letto solo 3 persone.

C’è qualcosa che ancora ti manca di fare? Insomma, se potessi esprimere un desiderio in ambito professionale, sarebbe?
Sì, sarò onesto, una cosa mi manca da fare: camminare su un tappeto rosso, vestito di nero e con il farfallino, e con qualche fotografo che immortali la scena.

Tornando al mondo reale, quali sono i tuoi progetti futuri? Qualcosa già bolle in pentola?
Progetti futuri sono il Festival, oramai alle porte, e il Concorso di Sceneggiatura a tema “La vita è meravigliosa” che verrà lanciato proprio in quei giorni. Questa volta sceglieremo una sceneggiatura che verrà poi realizzata, diventerà un film insomma, per la gioia di chi ha scritto il testo, film che poi girerà nei concorsi italiani e stranieri.

Grazie a Giancarlo Buzzi per essersi raccontato da noi e in bocca al lupo per tutto. Qualcosa da aggiungere?
Grazie a voi e buona fortuna a tutti.


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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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