Intervista a Ginevra Elkann, all’esordio come regista con il film “Magari”

Le sfide del lavorare con giovani attori esordienti. La bellezza del litorale romano e dei suoi colori

Già conosciuta nelle vesti di produttrice, fondatrice della Good Films e presidente della pinacoteca Agnelli di Torino, Ginevra Elkann ha aperto il festival Cinema Made in Italy di Londra presentando il suo primo lavoro da regista, “Magari”.

Nella recensione (qui) ho parlato ampiamente delle grandi qualità narrative e fotografiche del film, così come delle doti registiche della Elkann. Allo stesso modo, nei passaggi al Festival di Torino e a quello di Locarno, senza dimenticare Los Angeles, si è già discusso di cose come la scelta degli attori e dell’ambientazione e della natura più o meno autobiografica della storia – dettaglio che, a mio parere, è davvero irrilevante.

Uno potrebbe pensare: cos’altro aggiungere? Magari, dico io, c’è ancora qualcosa da scoprire su Ginevra Elkann, regista e narratrice di una delle storie familiari più dolci e curate di questo decimo festival del cinema italiano a Londra.

Quando incontro la regista nel bellissimo setting del bar Tangerine, un piccolo punto arancione dentro il Ciné Lumière, che contrasta nettamente col grigio plumbeo del cielo di Londra, la mia curiosità è rivolta proprio al suo lavoro sul film, come regsita e sceneggiatrice.

Ginevra Elkann ha compiuto un lungo percorso per arrivare a questo film, che è sì un’opera prima ma anche una sorta di punto d’incontro di tutte le sue esperienze precedenti – dal lavoro di assistente di Bertolucci a quello nel mondo dell’arte e della produzione.

Tempo che un caffè arrivi – e che il rumore di fondo del cappuccino che si monta si smorzi – e la mia intervista con Ginevra Elkann, questa squisita e raffinata interlocutrice, comincia.

 

Buon pomeriggio Ginevra – o dovrei dire buona sera, qui in Inghilterra.

Ciao Federica.

Il tuo percorso nel cinema comincia a Londra, dove ti laurei in regia alla London Film School. Come ti senti a presentare proprio qui, dove tutto è cominciato, il tuo primo film da regista?

Ma, in realtà è molto strano perché io ho fatto la mia cerimonia di laurea proprio al Ciné Lumière. Si può dire che a Londra il mio sogno di fare cinema è diventato una realtà. Qui ho fatto il mio primo corto, ho fatto la scuola di cinema, ho incontrato molte persone con cui ho lavorato in seguito, quindi è stata proprio l’inizio di tutto. Quindi per me è molto bello poter presentare il film in questo cinema. Poi, io sono nata a Londra, ho fatto le scuole qui, quindi questa è una città per me molto importante anche da un punto di vista personale.

Il tuo percorso fino ad arrivare alla regia è stato lungo ma sempre “artistico”. In che modo queste esperienze ti hanno preparato al lavoro su “Magari”, penso per esempio alla sua fotografia molto curata?

L’amore per l’arte e per i musei è parte della mia formazione di base e credo che abbia affinato molto il mio occhio. Penso però che tutte le varie esperienze che ho fatto siano state molto utili per fare questo film, che è impregnato di un mondo visivo che mi ha ispirato e che mi appartiene.

Quindi, si può dire che il film è un punto di partenza, come regista, ma anche di incontro di tutte le tue esperienze passate…

Si, esatto.

Una cosa che ho trovato molto interessante è la tua collaborazione con Chiara Barzini sulla sceneggiatura, un lavoro che avete descritto come “molto lungo”. Perché hai scelto di collaborare con Chiara? E come avete lavorato insieme alla sceneggiatura?

Noi eravamo già amiche prima di iniziare, per cui è stata proprio una cosa naturale lavorare insieme su questo progetto. Ogni tanto le parlavo della mia idea di dirigere un film o le raccontavo delle storie, e lei mi incoraggiava a trasformare queste idee in un film. Quindi, quando poi ho deciso di fare veramente questo film, ho chiesto subito a lei di scriverlo insieme. Poi, Chiara è della mia generazione, ha esperienze molto simili alle mie, c’è quindi una grande facilità di comunicazione perché io e lei parliamo lo stesso linguaggio. Anche il senso dell’umorismo è simile, siamo sulla stessa lunghezza d’onda, per cui è stato molto divertente collaborare.

Quindi Chiara ha capito subito i tuoi personaggi, penso per esempio ad Alma che è il fulcro della storia? O Alma è un frutto successivo di questa collaborazione molto fortunata?

È stato un lungo percorso quello della creazione dei personaggi anche se il personaggio di Alma, che abbiamo pensato insieme, è rimasto sempre molto aderente al modo in cui l’avevamo pensato all’inizio. La “magaritudine” di Alma, questo suo essere immersa nel “magari”, è un aspetto della bambina che apparteneva sia a me che a Chiara e che è stato bello poter raccontare attraverso questa voce fuori campo.

La storia che Alma racconta è una storia che si regge su tantissimi contrasti, e anche il film, nei suoi aspetti più tecnici, sembra confermalo. È stato difficile tenere insieme tutte queste cose senza perdere il filo del discorso?

Tanti mi hanno detto: “Sei matta se vuoi fare un film con dei bambini, un cane…”.

Secondo te uno è “matto” se vuole lavorare con i bambini?

Sai, i bambini sono molto difficili da gestire sul set. Se, come in questo caso, non sono degli attori professionisti, ti devi ad esempio affidare un po’ al caso. Ci sono tante variabili: a volte possono non avere la tenuta di un adulto nell’affrontare la cinepresa o altri aspetti del fare un film; e poi sono faticosi da gestire, se uno è genitore lo sa bene. È un mondo stare con i bambini. In questo senso uno è “pazzo”, soprattutto perché io oltre il gestire i bambini,dovevo anche gestire un cane, e la luce del mare che cambiava ogni due minuti. Però alla fine ce l’ho fatta.

Se posso dirlo, il duro lavoro ha pagato con un prodotto finale di grande qualità.

Grazie.

Ho un’ultima domanda, che riguarda la scena finale del film. Chiudendo con l’immagine di una famiglia quasi “civile” e questo magari che riempie la scena qual è la riflessione che speri di lasciare allo spettatore?

Magari spero di lasciare proprio il sentimento racchiuso nel titolo e che fa parte del film. Magari questa famiglia fosse così, che si siede civilmente a parlare. Come dice Alma, magari questa famiglia vivesse con un po’ più di sole. Il magari è qualcosa di importante, che fa parte della vita di tutti noi perché tutti siamo lasciati con un “magari”, un motore che ci fa propendere verso l’avanti.

Anche il padre, infatti, ripete spesso “magari” quando parla con i figli…

Anche lui alla fine vive nel suo magari, sia per quanto riguarda il suo film sia per quanto riguarda i suoi figli. Ogni personaggio, in realtà, ha il suo magari. Alma, forse, è il personaggio che ce l’ha più definito.

A parte la madre, forse, che è più rigida…

Si, lei è più “programmata”. Infatti la religione è un modo di scappare dal magari, anche se ha anch’essa i suoi forse.

Con questa ultima riflessione ti lascio. Grazie mille.

Grazie a te. Ciao!

 

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Federica Gamberini
Bolognese di nascita, cittadina del mondo per scelta, rifugge la sedentarietà muovendosi tra l’Inghilterra (dove vive e studia da anni), la Cina, l’Italia e altre nazioni europee. Amante della lasagna bolognese, si oppone fermamente alla visione progressista che ne ha la signorina Lotti, che vorrebbe l’aggiunta della mozzarella. Appassionata di storie, nel tempo libero ama leggere, scrivere, guardare serie TV e film, e partecipare a quanti più eventi culturali possibile.

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