Un film di Marco Bellocchio. Con Pierfrancesco Favino, Maria Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio, Fausto Russo Alesi. Drammatico, 148′. Italia 2019
Tommaso Buscetta, la cui famiglia fu interamente sterminata dai Corleonesi, suoi rivali mafiosi, ha permesso ai giudici Falcone e Borsellino, prima di cadere tragicamente per mano della mafia, di portare alla luce l’esistenza della struttura mafiosa di Cosa Nostra, rivelandone i capi, facendoli imprigionare, svelando le collusioni con la politica, e l’esistenza, con Pizza Connection, del traffico di droga con la mafia italo-americana.
Primo pentito di mafia di alto profilo, la cui testimonianza portò a un caso giudiziario storico, il maxiprocesso di Palermo, Tommaso Buscetta, il cosiddetto “boss dei due mondi”, è il protagonista del biopic “Il traditore” di Marco Bellocchio, presentato in concorso al Festival di Cannes 2019.
Nei primi anni ’80, quando in Italia è in corso una sanguinosa guerra tra i boss della mafia siciliana per il controllo sul traffico della droga, Buscetta si rifugia a Rio de Janeiro, da dove assiste, impotente, all’uccisione di due figli e del fratello a Palermo. In seguito viene arrestato e riportato nel nostro Paese, dove deciderà di collaborare con la giustizia.
Bellocchio ci propone un mafioso che segue il suo codice di condotta “morale”, anche se questo non è chiaro a tutti gli altri. Magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino, Buscetta è un uomo pieno di contraddizioni, un personaggio duplice, forse triplice, un protagonista complesso e affascinate.
Il piacere di provare a psicanalizzarlo è attenuato dalla complicata narrazione de “Il Traditore”, che include diversi altri personaggi, avversari del boss che Bellocchio vuole che teniamo d’occhio.
È però nelle scene dei dibattiti in aula a Palermo, che il regista emiliano sfiora il sublime. Qui vediamo un branco di criminali chiusi in gabbia dietro la corte, che ululano come animali, sputando imprecazioni mentre Buscetta affronta, ironicamente, le loro controaccuse.
L’uso superbo della musica, una costante nei film di Bellocchio, aggiunge piacere al piacere. Pensiamo alla scena dell’elicottero accompagnata dalla classica canzone messicana “Historia de un amor”, o la scelta del “Va’ pensiero” dal “Nabucco” di Verdi per accompagnare la condanna al maxi processo.
Come accadde con “Vincere” del 2009, che raccontava Benito Mussolini, Marco Bellocchio ci consegna un vigoroso ritratto dell’uomo che ha contribuito a scalfire la cortina di ferro e fumo intorno a Cosa Nostra, creando un altro capolavoro.
“Il Traditore” – come ci ricorda il crudo finale – non è la storia di un uomo che è stato capace di lasciar dietro di sé la mafia e la parte più nera della sua anima e della sua vita, ma piuttosto quella di un uomo che ha trovato un po’ di pace, nonostante abbia portato l’oscurità sempre con sé.