di Alessandra Pappalardo
Un film di di Valerio Jalongo. Documentario, 75’. Svizzera, Italia, 2017
Data di uscita italiana: 21 novembre 2017
Scegliere qualcosa di non filmabile per definizione, come la bellezza, e costruirci su un film è operazione rischiosa e ambiziosa allo stesso tempo. Per aiutarsi nell’impresa e ancorarsi a qualcosa di concreto, Valerio Jalongo sceglie di filmare al CERN di Ginevra, mettendo davanti alla macchina da presa gli studenti e ricercatori universitari, oltre all’oggetto dei loro esperimenti.
Il documentario di Valerio Jalongo, “Il senso della bellezza”, ambientato al CERN di Ginevra, accompagna lo spettatore in un viaggio strutturato in nove capitoli, a cavallo tra arte e scienza.
Lungo natale del World Wide Web e sede del Large Hadron Collider (l’acceleratore di particelle più grande al mondo), il CERN sembra essere il luogo di partenza ideale per indagare le origini dell’universo e per provare a dare risposta a quelle domande che, da sempre, muovono lo spirito umano e che hanno affascinato generazioni di artisti, filosofi e scienziati.
Da dove nasce la bellezza? Da cosa dipende e che relazione ha con la verità? In questa indagine appassionata che mescola la scienza e la matematica con l’arte e la filosofia, ci si sente chiamati in causa e partecipi di una riflessione che diventa esistenziale e trascende ogni ambito specifico.
La bellezza sembra essere quel filo conduttore invisibile che tiene insieme le parti – o dovremmo dire le particelle – del mondo. Voci di fisici e di artisti contemporanei si susseguono in questa danza del reale che ha come protagonista il senso della bellezza, così presente e visibile quanto evanescente, ineffabile e difficile da imbrigliare in una formula che possa riassumerlo.
Sembra quasi che per rivelarsi fino in fondo, la bellezza stia aspettando una spinta evolutiva ulteriore dell’uomo, quel passo che possa portarlo oltre se stesso, fino a diventare specchio riflesso della bellezza stessa, per svelare una verità che cela in sé dalle origini.
Nell’agosto 2016, è stato svelato che la famosa “particella di Dio” era solo una fluttuazione statistica e la sua esistenza non può essere confermata. In questo mondo di ricerche così ordinato e metodico, dunque, sembra ancora regnare quell’elemento di incertezza e caos che non ci permette di risolvere il mistero, ma che forse vuole indicarci una strada, un cammino permeato dalla bellezza, che è al contempo l’enigma, la guida, l’ispirazione, la chiave, l’incanto e l’altro volto della verità.