“Il morso della vipera”: recensione del nuovo romanzo di Alice Basso

Garzanti pubblica la prima "indagine" di Anita Bo, giovane dattilografa nella Torino di metà anni '30

Mettere da parte – per sempre? solo temporaneamente? – il personaggio che ha portato il successo e decidere di ricominciare da zero, con una nuova storia, per uno scrittore è una bella sfida, e un rischio. I lettori rimarranno soddisfatti come in passato? Sarà possibile soddisfare le loro, alte, aspettative?

Alice Basso non si è tirata indietro, e dopo aver salutato lo scorso anno la ghostwriter Vani Sarca, è tornata in libreria a inizio luglio con Il morso della vipera, edito da Garzanti, esordio di una nuova “eroina” torinese.

Siamo nel 1935, in pieno regime fascista. Anita Bo è una giovane dattilografa, che davanti alla proposta di matrimonio del fidanzato Corrado ha visto bene di rispondere: “Sì, ti sposo, ma prima voglio lavorare”. Viste le sue scarse competenze tecniche, si ritrova impiegata presso la rivista “Saturnalia”, alle dipendenze dirette dello scrittore Sebastiano Satta Ascona.

È qui che Anita scopre i racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l’altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani, e il potere delle parole, di cui in passato ha sempre diffidato. E allora, quando un’anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l’unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c’è niente? Le serviranno tanto coraggio e l’intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per venire a capo della situazione…

Il morso della vipera” è un romanzo piacevole, accattivante, fresco, che in primis conferma il talento di Alice Basso come narratrice. Come ho scritto in apertura, buttarsi in una nuova avventura e uscirne vincitrice non era scontato, ma la Basso ha dimostrato in questo esordio alla seconda di potercela fare tranquillamente e di non temere i rischi.

A catturare il lettore sono i personaggi e le loro storie, certo, ma anche lo stile del racconto – e questo è un grandissimo pregio. “Il morso della vipera” è un libro ben scritto, dal ritmo brillante, capace anche di far sorridere ma senza mai scadere nel macchiettistico o sminuire il periodo storico.

Scegliere di ambientare una storia “leggera”, una commedia gialla, durante il regime fascista era un grande azzardo, che poteva rivoltarsi contro l’autrice come un boomerang. Per risultare credibili, i personaggi e le loro azioni dovevano rispondere a precise regole, non forzare troppo equilibri che, nell’Italia degli anni ’30 e ’40, non era verosimile forzare. Immaginazione sì, insomma, ma con solide basi nel terreno.

Alice Basso è riuscita a fare proprio questo: a non prendersi totalmente sul serio – pensiamo alle traduzioni dei termini stranieri con cui, mentalmente, Alice infarcisce i suoi pensieri, ai suoi “Che zucche!”, alle caratterizzazioni abbastanza estremizzate dei rappresentanti del potere – senza però risultare grottesca.

Il morso della vipera” è un romanzo credibile, che rimanda un’immagine realistica della Torino di metà anni trenta e della vita che vi si conduceva. Ma è anche la storia di una ragazza che cerca la sua strada, poco importa se non è esattamente quella che ci si aspetterebbe da lei. E in questo i richiami alla contemporaneità si sprecano.