Non è la prima volta che mi capita, scoprire un romanzo che al momento della sua uscita ha avuto successo ma che io ho dimenticato di leggere, nel momento in cui arriva in libreria il seguito! La storia si è ripetuta con “Il miniaturista” di Jessie Burton, edito da Bompiani, al momento dell’uscita del sequel, “La casa del destino”.
In un giorno d’autunno del 1686, la diciottenne Petronella, Nella, Oortman bussa alla porta di una casa nel quartiere più benestante di Amsterdam. È arrivata dalla campagna con il suo pappagallo Peebo per iniziare una nuova vita come moglie dell’illustre mercante Johannes Brandt. Ma l’accoglienza è tutt’altra da quella che Nella si attende: invece del consorte, trova la sua indisponente sorella, Marin, e anche quando Johannes torna da uno dei suoi viaggi, evita accuratamente di dormire con Nella, e anche solo di sfiorarla.
L’unica attenzione che le riserva è uno strano dono, la miniatura della loro casa e l’invito ad arredarla. Sembra una beffa. Eppure Nella non si perde d’animo e si rivolge all’unico miniaturista che trova ad Amsterdam, una enigmatica figura che sembra sfuggirle continuamente, anche se tra loro inizia un dialogo sempre più fitto, senza parole, ma attraverso piccoli, straordinari manufatti che raccontano i misteri di casa Brandt.
L’esordio di Jessie Burton, datato 2017, è sicuramente ben scritto e avvincente. Come hanno sottolineato altri lettori, però, a imporsi in senso positivo è più la cornice storica e la ricostruzione attenta e dettagliata della Amsterdam del XVII secolo che la trama in quanto tale. L’autrice semina buone premesse, costruisce le giuste aspettative… ma finisce per concludere molto poco!
Penso soprattutto alla storia della miniaturista, attorno a cui ruota tutto il mistero. Cosa sappiamo, alla fine, delle motivazioni di questa donna sfuggente, del perché e del come faccia ciò che fa? Nella si avvicina passo dopo passo al punto, con un ritmo lento talvolta snervante… e poi non arriva da nessuna parte! Una punta di frustrazione, nel lettore, sarebbe comprensibile.
Se “Il miniaturista” non si rivela una lettura deludente, invece, è perché la componente storica finisce per avere il sopravvento su tutto il resto e per conquistare. Questo è un ottimo romanzo storico; una storia drammatica e crudele sulla vita nel XVII secolo, raccontata dal punto di vista di una giovane donna. I personaggi sono interessanti, sfaccettati al punto giusto. Il finale è aperto e realistico, ben lontano dal buonismo forzato a cui spesso la narrativa ci ha abituati.
Un buon esordio, che lascia con la curiosità di scoprire come saranno andate le cose per Nella, Otto, Thea e tutti gli altri. E in “La casa del destino” li ritroviamo quasi vent’anni dopo, nella Amsterdam del 1705, quindi non ci resta che aprire il libro per saperlo…