Un chicklit ante litteram, che racconta la New York degli anni ‘50, l’America, e la vita lavorativa e sentimentale delle giovani di quel periodo dalla prospettiva di una di loro – l’autrice aveva solo 27 anni quando lo scrisse.
“Un Sex and the City senza vibratori”, per usare le parole della stessa Rona Jaffe, attualissimo nonostante sia stato pubblicato nel 1958. “Il meglio della vita”, edito da Beat, è una lettura piacevole, leggera all’apparenza ma in realtà con una sua profondità, di temi e di stile.
Protagoniste cinque giovanissime donne, cinque “tipi”. Gregg Adams, attrice in erba che nasconde dietro un apparente spirito libero il bisogno ossessivo di trovare un marito; la bella ma un po’ superficiale April Morrison; Barbara Lemont, madre-single abbandonata dal marito; Mary Agnes che ha fatto della preparazione del suo matrimonio la propria ragione di vita; e Caroline Bender, la vera eroina del romanzo, che dopo aver perso l’uomo dei suoi sogni decide di dedicarsi completamente alla carriera.
Simili a moderne Bridget Jones, tutte sono assillate da genitori oppressivi, da uomini deboli ed egoisti, da datori di lavoro cialtroni, dall’alcol, dagli ultimi dettami della moda, da una vita che non sembra mai avere la svolta desiderata. Perché è questo che rende “Il meglio della vita” tanto attuale: l’autrice dipinge un quadro vividissimo di tutto il mondo che passa tra “ciò che una donna vuole e ciò che invece si ritrova ad avere”.
Oggi come negli anni ’50 i due poli dell’esistenza femminile sembrano essere lavoro e matrimonio. Sposati e rinuncia alla carriera, oppure concentrati sulla carriera ma togliti dalla testa di trovare un buon partito, gridano le pagine a più riprese. Eppure nessuna delle due opzioni, da sola, permette di ottenere “il meglio della vita”. Questo ancora sfugge alle nostre eroine, che sembrano alla perenne ricerca di qualcosa – come tutti noi?
Nel romanzo vengono mescolati con abilità temi leggeri, da romanzo rosa – ragazze single alle prese con il primo impiego in città, minuscoli e costosi appartamenti in condivisione, l’esaltante libertà delle chiacchiere tra amiche, la ricerca del fantomatico principe azzurro – con altri di spessore – il sesso, la verginità, l’aborto, le prime esperienze di mobbing.
“Il meglio della vita”, insomma, porta benissimo i suoi 60 anni. Racconta uno spaccato di vita americana, precisa e accuratamente rifinita, ma facendolo diventa discorso universale sulla condizione femminile, sul senso della vita. Adatto ai lettori di ieri ma anche di oggi.