A distanza di un anno dall’uscita del primo romanzo della fortunata serie firmata da Mazo De La Roche, capace di vendere undici milioni di copie a partire dagli anni ’20, riproposta in Italia da Fazi, si torna a Jalna con “Il gioco della vita“.
La grande tenuta nell’Ontario, in Canada, è ancora fulcro e cuore pulsante delle vicende della famiglia Whiteoak, nonostante questa volta ci si conceda qualche piccolo allontanamento. Eppure la vita di Alayne a New York, le scorribande notturne di Finch in città non sono altro che “fughe”, parentesi. Perché alla fine l’attrazione che Jalna esercita sui personaggi sembra davvero troppo forte. Impossibile resisterle.
Quando riprende il racconto è passato un anno dal primo romanzo. Alcune cose sono cambiate – Eden è scomparso, Alayne se n’è andata, Pheasant e Piers hanno avuto un figlio – eppure si ha la sensazione che nulla lo sia davvero. La vita scorre regolare, scandita dalle consuete occupazioni, dal susseguirsi delle stagioni e dai ritmi della natura – magnificamente descritti, come in “Jalna” (qui la recensione), così come la campagna.
La figura di Adeline, nonna e matriarca, però, incombe un po’ meno sui congiunti, i tre figli, i sei nipoti, le “nuore”. La donna infatti, superati i cento anni, passa la maggior parte del tempo a letto. Eppure, nonostante sia meno presente fisicamente, lo è ancora per la maggior parte del tempo nella mente di chi le sta vicino. Ha infatti fatto sapere che il destinatario del suo patrimonio sarà soltanto uno…
“Il gioco della vita” è un romanzo scorrevole, ironico, divertente; un romanzo che non annoia mai, che coinvolge e avvince, nonostante sia ambientato in uno spazio tutto sommato ristretto e racconti le vicende di un numero tutto sommato ristretto di personaggi.
È questo il suo bello, secondo me, la sua magia: dopo qualche pagina ci si domanda se l’autrice potrà avere davvero qualcosa da dire, visto che non ci sono guerre, drammi di grande portata o eventi macroscopici all’orizzonte per i Whiteoak, se riuscirà a non cadere nel banale o nel ripetitivo. E la risposta è sì, Mazo De La Roche porta avanti la sua “piccola” storia con maestria, senza passi falsi, quasi senza sforzo.
“Il gioco della vita” non è un sequel-polpettone che arranca o gira a vuoto, scritto per soddisfare il pubblico e cavalcare l’onda lunga del successo, è un libro che procede con la sua andatura spedita, che lega e scioglie fili della trama e legami, e ci permette di conoscere ancora un po’ meglio i suoi protagonisti. Un romanzo “giovane”, anche se ha quasi cento anni di vita, scritto con piglio ironico e talvolta disincantato; scritto bene soprattutto.
Alla fine, quello che mi è rimasto, è un maggior apprezzamento per il personaggio di Finch, diciannovenne sensibile e incompreso, che in “Jalna” risultava un po’ sacrificato mentre qui acquista spessore e profondità, e la voglia di andare avanti con la saga. Speriamo che il 2021 ci porti buone notizie in questo senso.