“Il filo d’argento”: recensione del romanzo di Amo Jones

Il secondo capitolo della serie The Elite King’s club precipita negli abissi del trash

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Mi sembra la frase giusta per iniziare la recensione del libro di Amo Jones “Il filo d’argento, edito da Newton Compton, secondo capitolo della serie The Elite King’s club dopo “Il cigno d’argento” (qui la mia recensione). 

Credeva di sapere chi fosse. Si sbagliava. Le hanno mentito. L’hanno ingannata. Tradita. Adesso Madison Montgomery non è che l’ombra della ragazza di un tempo. Ha dovuto affrontare i segreti oscuri e pericolosi che aleggiano nei corridoi della Riverside Preparatory Academy, l’esclusiva scuola privata negli Hamptons a cui il padre l’ha iscritta. È in fuga, dopo aver appena scalfito la facciata di apparente perfezione dell’istituto. Ma si è resa conto, suo malgrado, che di quel mondo ormai fa parte.

Porta sulle spalle il peso di ciò che hanno fatto le generazioni precedenti. Se non vuole rischiare di diventare una pedina in un gioco più grande di lei, deve ricucire i confusi frammenti che le rimangono del suo passato e utilizzare tutte le capacità che non sapeva nemmeno di avere. È ora di cambiare gioco. Non può fidarsi di nessuno. Nemmeno del fascino magnetico di Bishop Vincent Hayes

Se avete letto la mia recensione di “Il cigno d’argento”, saprete che quel romanzo mi aveva lasciato molto perplessa con la sua accozzaglia di esagerazioni, personaggi sviluppati pochissimo, colpi di scena messi lì a caso. Perché ho deciso di imbarcarmi nella lettura di “Il filo d’argento”, allora – domanda legittima? Perché non sempre imparo dai miei errori, neanche quelli di lettrice, ed ero oggettivamente curiosa di capire se Amo Jones avesse poi aggiustato il tiro oppure no. Una seconda possibilità, a ben vedere, non si nega a nessuno.

Ecco, in questo avrei fatto meglio a lasciar perdere! “Il filo d’argento” è, se possibile, ancora più “sconvolgente” nei suoi difetti e nella sua pochezza del romanzo precedente. L’autrice continua a mescolare erotismo (forzato), horror, misteri e drammi ma lo fa senza perdere tempo nella caratterizzazione dei personaggi. Questi, semplicemente, sono delle macchiette, così pieni di stereotipi e di luoghi comuni da non poter essere considerati, sotto nessun aspetto, reali o realistici.

Gli scambi di battute sono improbabili – “micetta” again no vi prego; le ripetizioni nei comportamenti (Madison si lega sempre i capelli in uno chignon basso spettinato, e la Jones ci tiene a farcelo sapere ogni volta, per esempio) fastidiose e sintomo evidente di una storia nata forse come fanfiction e mai elevatasi da quel livello (io adoro le fanfiction, tra parentesi, ma per diventare un romanzo serve un lavoro di revisione ed editing che qui, chiaramente, non è stato fatto). 

Al di là della scarsa caratterizzazione e dell’improbabilità della storia intera, quello che mi ha infastidita di più è la leggerezza estrema con cui vengono affrontati argomenti delicatissimi come le molestie ai minori. Nel libro scopriamo che la protagonista Madison – e non solo lei! – è stata abusata da bambina… e niente, alla cosa non viene dedicato il minimo approfondimento. Viene semplicemente buttata lì, e raccontata abbastanza nel dettaglio, quasi come niente fosse.

Leggendo confesso di aver provato un forte senso di fastidio, come se tutto questo fosse profondamente sbagliato. L’unico elemento che salvo di “Il filo d’argento” è la copertina, che di fatto non c’entra un tubo con la trama e tutto il resto. Il consiglio è passare oltre senza rimorsi. Di teen drama (anche erotici) se ne trovano di migliori, di horror/thriller pure. Questo è davvero tremendo – e non vale il prezzo di copertina.