di Marzia Samini
Un film di Davide Alfonsi, Denis Malagnino. Con Denis Malagnino, Tiberio Suma, Stefano Miconi Proietti, Marco Pocetta, Fabio Sperandio. Drammatico, 81′. Italia, 2018
Denis, padre e marito in ambasce, trova sul ciglio della strada il corpo abusato di una donna. Tiberio, fidanzato impetuoso della vittima, vuole vendetta e chiede aiuto a Denis, compagno di sventura nella periferia romana. Convinto in cuor suo che i responsabili siano i rom dei campi adiacenti, Tiberio vuole incendiare le loro roulotte. Denis lo dissuade e lo convince a investigare “a freddo”. Ma le indagini amatoriali non portano a niente almeno fino a quando Denis non coinvolge il Tibetano, boss tronfio del quartiere che risolve il caso in una notte. Una notte mai così nera che conduce i suoi passeggeri dove nessuno aveva previsto.
Violenza e vendetta: è questo il binomio, cinematograficamente piuttosto classico, intorno a cui ruota il film “Il codice del babbuino” di Davide Alfonsi e Denis Malagnino, prodotto da Donkey’s Movies.
Siamo a Roma, in una zona periferica. Una ragazza viene stuprata e il suo fidanzato cerca vendetta, dapprima accusando del reato alcuni zingari stanziati poco lontano dal fatto, poi capendo che la verità è ben altra.
In questa sorta di western metropolitano a dominare sono la violenza, il linguaggio grezzo e mimetico fino all’eccesso, tanti sogni infranti – o meglio, gambizzati. L’irrazionalità umana è ben rappresentata nella storia.
Il titolo, con la sua allusione al mondo animale, rimanda a un comportamento tipico dei gruppi di primati: i più forti si coalizzano escludendo i deboli. E lo stesso fanno i tre protagonisti, uomini diversi che però si uniscono nella ricerca del colpevole…
In questo mondo di sogni infranti a dominare è una sfiducia totale nei confronti delle istituzioni e dello stato, e poi tanta rabbia, dolore, egoismo.
“Il codice del babbuino” racconta in presa diretta la realtà, senza filtri o finzioni. Per questo è un film per tutti, e per nessuno.