di Alberto Leali
Ian McKellen è alla Festa del Cinema di Roma per presentare il film a lui dedicato, “McKellen: Playing the Part”. L’attore inglese è stato protagonista di un Incontro Ravvicinato davvero straordinario, in cui ha incantato il pubblico con la sua intelligenza e il suo carisma, regalando uno degli eventi finora più riusciti della kermesse romana.
“Sono felicissimo di tornare a Roma – inizia l’attore – Ci mancavo da 45 anni, quando recitai l’Amleto per un festival teatrale. Ricordo di aver passato la mia ultima notte romana con un bellissimo attore italiano e il giorno successivo rischiai di perdere il volo per Vienna, dove continuava il nostro tour. Sono ancora grato al comandante del volo di quel giorno, che, nonostante il notevole ritardo, attese il mio arrivo”.
Si inizia ovviamente parlando dell’amato Shakespeare, di cui McKellen è uno dei maggiori interpreti teatrali viventi, ma che ha caratterizzato anche un ruolo indimenticabile della sua carriera cinematografica, il Riccardo III fascista della rivisitazione di Richard Loncraine.
“Shakespeare ha plasmato la mia vita da artista – prosegue Mckellen – Conosceva meglio di chiunque altro scrittore la natura umana. Shakespeare è ancora fra noi e le sue opere sono tutt’oggi vivissime e attuali, perché la natura umana non è cambiata. Ho recitato Shakespeare anche in versione moderna e rivisitata e penso che questo non sia affatto un male, perché un autore della sua portata va visto con gli occhi dei mezzi moderni, ovvero del cinema e della tv”.
Mckellen, oltre alla passione per il teatro a cui si dedica da quando aveva 13 anni, è giunto, tardi ma con grande successo, al mondo del cinema e della televisione, a cui ha regalato ruoli che lo hanno reso famosissimo.
“Non credo vadano fatte graduatorie fra teatro, cinema e tv. Semplicemente ognuno ha i propri mezzi e arriva a un pubblico diverso. Amo il teatro perché è rappresentazione dal vivo, è vita. Ma mi sono divertito molto anche a girare una serie come Vicious, ad esempio, o a partecipare a noti “chat show” molto in voga in Gran Bretagna. Non lo trovo affatto svalutante per un attore, anzi mi piace sperimentare. Pensandoci, l’unica cosa che non ho mai fatto è il musical. Forse potrebbero aiutarmi i miei amici Sting e Michael Nyman”, afferma indicando i due artisti presenti a sorpresa all’incontro.
McKellen si è confrontato spesso al cinema con personaggi dal passato controverso e che nascondono terribili segreti, si pensi, oltre al Riccardo III citato sopra, all’ex criminale nazista immigrato negli USA sotto falsa identità del film “L’allievo” di Bryan Singer.
“Conosco bene il nazismo e ancora oggi mi domando cosa possa averlo provocato – dice l’attore – Fare l’attore, d’altronde, permette di capire che, come uomini, siamo capaci davvero di qualunque cosa. Ero un ragazzino durante la guerra e spesso dormivo sotto un tavolo di ferro, per paura che da un momento all’altro potesse esplodere una bomba”.
Ma l’attore parla con entusiasmo anche dei suoi più recenti film di successo, blockbuster come “Il Signore degli Anelli”, “Lo Hobbit” e “X-Men”, che lo hanno reso celebre presso il pubblico più giovane.
“Spesso i fumetti, così come le saghe fantasy, trattano, come nel caso di X-Men, tematiche importanti, alla pari di quelle presenti nelle opere di Shakespeare. Basti pensare che da un’indagine svolta dalla Marvel, i suoi fumetti sono letti soprattutto da persone a disagio verso la società, in particolare neri, ebrei e gay”.
Dichiaratamente omosessuale e noto per il suo prezioso impegno nella lotta contro le discriminazioni, Ian McKellen conclude l’incontro parlando proprio della condizione degli omosessuali nel mondo del cinema.
“James Whale, che io ho interpretato in Demoni e dei di Bill Condon, era il regista meglio pagato della Hollywood anni ’30 ed era apertamente gay. Ciò nonostante, nessuno se ne curava né minimamente si turbava della cosa. Whale dovrebbe divenire un esempio per tutti quegli attori o quei registi che si preoccupano di dichiarare la propria omosessualità, per timore di porre fine alla loro carriera”.
Una piccola chicca: il film del cuore di McKellen è il francese “Le vacanze di Monsieur Hulot” di Jacques Tati.
“Avevo 50 anni quando l’ho visto e mi ha divertito molto. Tati veniva dal teatro, era un comico che si esibiva dinanzi al pubblico. Nonostante l’importanza che per mestiere dava alla parola, i suoi film sono quasi muti e l’audio ha scarso rilievo. La forza è tutta nelle immagini“.