31 dicembre tempo di bilanci, tra un brindisi e un fuoco d’artificio, anche per ciò che riguarda il cinema. Ho scelto le mie pellicole top e flop tra quelle che ho visto in giro per i vari festival internazionali. Iniziamo con le 3 migliori.
La prima è “Profile” di Timur Bekmambetov, presentato alla Berlinale. Da brividi, attuale, paurosamente vero: basato sul libro “Nella testa di una jihadista” di Anna Erelle, affronta l’astuto reclutamento di giovani europei da parte dell’Isis tramite i social network.
“Capharnaum“, di Nadine Labaki, visto a Cannes, è una denuncia della vita miserabile che conducono i senza-documenti, gli ultimi della società libanese, attraverso le vicende di un ragazzino coraggioso. Potente, struggente, magnifico.
Chiude la mia top3 “Siren’s call” di Ramin Matin, visto al Tokyo Film Festival. L’uomo moderno è spesso insoddisfatto e in cerca di evasione, schiacciato dai contrasti comico-drammatici di una società in evoluzione: ma una volta evaso troverà la pace?
Spazio adesso alle delusioni del 2018, la mia flop 3.
“Eva” di Benoit Jacquot, visto alla Berlinale, è un deludente remake della storia di uno scrittore impostore ossessionato da una raffinata prostituta. Avrebbe potuto essere sensuale e conturbante, invece è stato solo piatto e maldestro.
Orso d’oro incomprensibile all’ultima Berlinale, “Touch me not” di Adina Pintilie è un quasi-documentario psicologico su intimità e sessualità, dalle nobili intenzioni ma dalla riuscita tediosa e straziante. Peccato.
Chiude il terzetto “The enigma of arrival” di Song Wen, visto al Busan Film Festival. Racconto piuttosto confuso di un gruppo di giovani e dei loro piccoli crimini con conseguenze disastrose, tra sparizioni, rancori e dubbi decessi.