di Concetta Piro
Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro-genito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, in breve Antonio de Curtis, in arte Totò, due giorni fa avrebbe compiuto centodiciannove anni (era nato il 15 febbraio 1898 a Napoli, in Rione Sanità).
Di un’artista universalmente noto, simbolo dello spettacolo comico in Italia tanto da essere soprannominato “il principe della risata”, considerato uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema di casa nostra si può dire ben poco.
Non ci resta che raccontarlo attraverso i quattro film “migliori”, nella nostra rubrica “I Fantastici 4”, perché se è vero che è stato apprezzato davvero solo dopo la sua morte, per chi ama il cinema ancora oggi resta uno dei punti di riferimento insuperati.
Totò a colori di Steno (1952)
Inserito tra i cento film italiani da salvare, è uno dei primi film a colori, fra i primi a utilizzare il sistema Ferraniacolor. Il film è un’antologia dei più noti sketch del grande comico: il vagone letto (C’era una volta il mondo), la marcia dei bersaglieri e, soprattutto, delle sue invenzioni marionettistiche più geniali, ovvero Pinocchio e il direttore d’orchestra fuoco d’artificio.
Miseria e nobiltà di Mario Mattoli (1954)
Tratto dall’omonima opera teatrale di Eduardo Scarpetta, “Miserie e nobiltà” è il film che più rappresenta l’essenza di Antonio de Curtis, che nacque ricco e morì povero. Memorabile la scena degli spaghetti, che lo squattrinato divorziato Felice Sciosciammocca mangia avidamente e conserva nelle tasche per combattere la fame dei giorni a venire.
Totò, Peppino e la… malafemmina di Camillo Mastrocinque (1956)
L’accoppiata con Peppino De Filippo è celestiale. Dalla trascrizione della lettere, imitata e omaggiata in diverse pellicole, al viaggio a Milano tra fraintendimenti e luoghi comuni, il film commedia diretto da Mastrocinque è indimenticabile.
Totòtruffa ’62 di Camillo Mastrocinque (1961)
Antonio (Totò) e Camillo (Nino Taranto) sono due truffatori incalliti, che vivono di raggiri ed espedienti. Memorabile la scena in cui, nelle loro truffe, riescono a vendere a un povero malcapitato niente meno che la Fontana di Trevi.