Un film di Ali Abbasi. Con Mehdi Bajestani, Zahra Amir Ebrahimi, Arash Ashtiani, Forouzan Jamshidnejad. Thriller, 117′. Francia, Germania, Svezia, Danimarca 2022
Siamo a Mashhad, seconda città più grande dell’Iran e importante sito religioso. Nel 2000, un serial killer locale inizia a prendere di mira le prostitute per strada, strangolandone diciassette dopo averle attirate una ad una a casa sua. La stampa lo chiama “il ragno”, e tra i giornalisti che coprono il caso c’è Rahimi, una donna che viene da Teheran e si mette sulle tracce dell’assassino. L’uomo si rivelerà essere Saeed Hanaei, ex-militare convinto che Dio gli abbia affidato la missione di liberare la città dalle donne indegne che vendono il proprio corpo.
La cinematografia occidentale è piena di film che hanno come protagonista un serial killer che sceglie le donne come vittime, ma spostate la storia in Iran e questa assumerà caratteristiche innovative e tinte problematiche inedite per il grande pubblico.
“Holy spider” di Ali Abbasi arriva al cinema, dopo essere stato presentato con discreto successo nei Festival internazionali lo scorso anno – l’attrice protagonista, Zahra Amir Ebrahimi, si è aggiudicata la Palma d’oro a Cannes per la sua interpretazione.
Nella Repubblica islamica d’Iran la donna è considerata giuridicamente inferiore all’uomo e il fanatismo religioso è utilizzato come giustificazione per ogni nefandezza.
È in questo contesto che Saeed Hanaei (Bajestani), ex-militare, di giorno padre e marito esemplare, decide di portare avanti la sua missione “divina”: ripulire la città dalla prostituzione, facendo fisicamente fuori le prostitute.
La stampa soprannomina il killer “il ragno” (spider), ma nonostante le vittime siano ormai 16 per le forze dell’ordine il caso non è una priorità e per l’opinione pubblica le donne si sono meritate quanto è successo loro. Sulle tracce di Hanaei si mette anche Rahimi, una giornalista arrivata da Teheran.
Nel suo film, ispirato a una storia vera, il regista Ali Abbasi è bravo a cambiare prospettiva in corso d’opera, passando dal racconto della caccia al killer a un processo spietato alla mentalità dominante in Iran e alla sua classe dirigente. Un Paese dove l’assassino può muoversi quasi alla luce del sole, sostenuto da parte dell’opinione pubblica.
Zahra Amir Ebrahimi è convincente nel ruolo della tenace giornalista Rahimi, ma a mio modesto parere un plauso convinto lo merita anche e soprattutto Mehdi Bajestani, credibile e terribile nel ruolo difficile, non soltanto dal punto di vista cinematografico, del killer.
Sostiene il detto che il crimine non paga. In Iran, invece, sembra che la massima si applichi solo in certi casi, a seconda del sesso e della condizione della vittima.