La guerra cambia il mondo, anche fisicamente: il caso della Siria

Dalle rovine di Palmira al Krak dei cavalieri: quando la guerra non fa prigionieri nemmeno tra i reperti

Il Campo di Diocleziano, sormontato dal castello Qasr Ibn Maʿan. Palmira, Siria

di Maurizio Carucci

 

Il volto sfregiato di una donna bellissima, è questa un’immagine che bene si addice a ciò che oggi è la Siria.

Dal 2011, nel Paese del Medio Oriente, si sta consumando la più grande tragedia umanitaria dai tempi delle guerre mondiali, tra la sottile indifferenza dell’opinione pubblica mondiale.

Basta pensare alla risposta di Gary Johnson, candidato alle ultime elezioni presidenziali negli Usa, alla domanda: “Se lei fosse eletto, cosa farebbe riguardo Aleppo?”.

“Cos’è Aleppo?”

Lungi da noi scrivere un pezzo di geo-politica – online potete trovarne a decine, scritti da professionisti ben più competenti in materia.

In questo spazio vogliamo invece parlare dell’altra grande tragedia siriana, quella che sta colpendo il patrimonio culturale, storico e artistico.

Potrebbe sembrare un problema di secondaria importanza paragonato alle vite che ogni giorno si perdono, ma come vi sentireste, voi, se d’improvviso una bomba facesse sparire il Colosseo, la Torre di Pisa o Piazza San Marco?

Il Tetrapilo, monumento romano eretto dall’imperatore Diocleziano alla fine del III secolo, come si presentava prima della distruzione nel 2017. Palmira. Siria

La cultura di un Paese, che passa anche attraverso i suoi monumenti e luoghi simbolo, contribuisce a forgiare l’identità del popolo che lo abita. Senza di essa non saremmo che individui dislocati in un territorio che non ci appartiene, che ci risulta estraneo e lontano.

 

STORIA DELLA SIRIA IN PILLOLE

Forse non tutti sanno che la Siria è stata culla di civiltà antichissime e prospere, e la sua posizione, a cavallo fra il Mediterraneo e la Mesopotamia, ha favorito la commistione di culture diverse.

Nel corso della storia è stata attraversata e abitata da Egizi, Babilonesi, Persiani e Macedoni, e ha vissuto l’Ellenizzazione nel IV secolo a.C. con la dinastia dei Seleucidi. È diventata poi un fiorente snodo commerciale, per i Romani prima, per i Bizantini in seguito; ed è stata teatro delle lotte tra cristiani ed arabi durante le Crociate.

La Siria ha anche subìto l’invasione dei Mongoli, ed è stata per secoli provincia dell’Impero Ottomano. Persino la Francia, nella prima metà del ‘900, le ha imposto una sorta di protettorato.

Un villaggio di case di fango e mattoni nella regione di Tell Mardikh, dove i primi insediamenti umani risalgono a 5.000 anni fa. La zona è stata pesantemente colpita dai bombardamenti. 

Ora immaginate una terra che abbia assorbito e abbia fatto proprie influenze culturali così disparate, sia da un punto di vista geografico che cronologico. Nello stesso territorio, è possibile visitare insediamenti risalenti a 3000 anni prima della nascita di Cristo, una colonia romana e un castello medievale. O almeno, lo era fino al 2011.

Oggi, infatti, la maggior parte dei siti archeologici è andata distrutta o irrimediabilmente danneggiata, per colpa di bombe e saccheggi.

 

GEOGRAFIA DELLA DISTRUZIONE: DA ALEPPO A PALMIRA

Per ovvi motivi, è difficile quantificare la reale entità dei danni, ma sappiamo ad esempio che Damasco e Aleppo, due fra le città più antiche del mondo, possono essere considerate alla stregua di campi di battaglia.

Aleppo, in particolare, assomiglia oggi a un enorme cratere. Già nel 2012 parte del secolare suq, lungo quasi 12km, era stato dato alle fiamme, e nell’aprile dell’anno seguente ha subito gravi danni la moschea degli Ommayydi (705-717), che si dice ospiti la tomba del padre di San Giovanni Battista.

Spostandoci a sud, ci sono Palmira e il Krak dei Cavalieri.

Di questa città molto probabilmente avrete già sentito parlare. Conosciuta anche con il nome “La sposa del deserto”, fu costruita intorno al II millennio a.C., e per molto tempo ricoprì il ruolo di snodo commerciale, soprattutto dopo la sua annessione all’Impero Romano nel 19 d.C, dopo un vuoto di un millennio di cui non si hanno documentazioni al riguardo.

Il teatro romano di Palmira, edificato nella seconda metà del II secolo. La facciata è stata fatta esplodere dall’auto-proclamato Stato Islamico nel gennaio 2017.

L’anno peggiore per Palmira è stato il 2015. A maggio venne conquistata dall’ISIS, e da quel momento giungeranno notizie sempre peggiori sullo stato di conservazione del suo patrimonio. Il tempio di Baashamin (II secolo a.C.) e quello del dio Bel, equivalente di Zeus e Giove (I secolo), sono stati distrutti. Il direttore del sito archeologico Khaled al-Asaad, che aveva messo in salvo numerose opere d’arte e monumenti, è stato giustiziato dal sedicente Stato Islamico.

Quando le truppe dell’esercito siriano hanno riconquistato Palmira nel marzo 2016, alla lista dei beni andati perduti si sono aggiunte le torri funerarie romane e l’Arco di Trionfo. Forse proprio la Sposa del deserto è diventata il simbolo dell’attentato all’identità nazionale siriana che si sta consumando.

Meno conosciuto, invece, è il Krak dei Cavalieri. Questa fortezza medievale edificata dai Cavalieri di Malta è andata incontro a una sorta coerente con la sua nascita.

Il Krak dei Cavalieri, considerato il castello medievale per eccellenza di età crociata.

Avamposto militare durante le Crociate, continuamente contesa tra arabi e cristiani, e tutt’ora, suo malgrado, teatro degli scontri fra i ribelli e le forze di Assad. Chissà, quando tutto questo sarà finito, quali danni avrà riportato.

Infine, nel profondo sud, c’è Bosra. È lì sin dall’età del bronzo, e ogni popolo vi ha lasciato la sua impronta. Teatri romani, basiliche, terme e moschee. Se le mura di Bosra potessero parlare, racconterebbero tutta la storia della Siria, dall’inizio alla fine.

Il teatro romano, come si presentava dopo la ristrutturazione del 1947-1970. Bosra, Siria

O meglio, avrebbero potuto farlo. Nel 2013, infatti, si è diffusa la notizia che il sito, al centro di feroci combattimenti, è stato quasi interamente distrutto.

Le parole contano poco. Basta dare uno sguardo alle foto che National Geographic ha raccolto per mostrare com’erano la Siria e la sua società solo sei o sette anni fa per rendersi conto di quello che si sta perdendo, in termini di civiltà, cultura, ricchezza globale.