“Goliath”: nella 2° stagione la serie supera il dramma processuale

Prodotta da Amazon, la serie con Billy Bob Thornton ripropone il duello biblico tra Davide e Golia

Purtroppo oggi, data la quantità di serie rilasciate ogni mese da piattaforme di video-streaming e reti televisive, il rischio che un prodotto di qualità non ottenga il seguito che meriterebbe è sempre dietro l’angolo. È un po’ il caso di “Goliath”, serie prodotta da Amazon.

Billy Bob Thornton ha ricevuto lo scorso anno il Golden Globe per la sua interpretazione del protagonista Billy McBride, stimato avvocato caduto in disgrazia, ma ci sono molti altri motivi per dare una chance alla serie, di cui è uscita da qualche settimana la seconda stagione.

Il racconto dello scontro biblico tra Davide e Golia contiene una fortissima morale, dalla quale “Goliath” trae il suo nucleo – non originalissimo ma certamente d’impatto. Può un piccolo gruppo di persone fronteggiare e vincere un processo contro una multinazionale? Un soggetto che appare più attrezzato, più forte e senza scrupolo alcuno?

Nella seconda stagione cambia il gigante da battere, non le dinamiche narrative, che rendono la trama semplice e compatta. Gli schematismi che adotta la serie potrebbero far intuire troppo presto quello che si prospetta, e difatti talvolta succede, ma questo, più che un difetto, risulta un elemento di coerenza.

Non mancano cadute di stile e forzatura nella sceneggiatura, ma questa è scritta talmente bene che non infastidisce mai lo spettatore, che si trova davanti una storia meno giuridica di quanto si aspetterebbe dopo la prima stagione ma sicuramente coerente e forte.

Se nei primi otto episodi “Goliath” si presentava come un dramma processuale, in questi altri otto diventa qualcosa di diverso, unendo a quanto di buono visto lo scorso anno nuovi elementi narrativi e visivi. Il livello della serie si alza ulteriormente.