“Gloria mundi”: un ritratto del presente francese poco approfondito

Robert Guédiguian firma un dramma il cui punto debole è la sceneggiatura, debole e scontata

Un film di Robert Guédiguian. Con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin, Lola Naymark. Dramma, 107′. Francia, Italia 2019

Marsiglia. A Mathilda e Nicolas è nata una bambina, Gloria. Mathilda ha un lavoro precario e Nicolas sta cercando di mettersi in proprio come autista. Mathilda ha un padre, Daniel, che quasi non conosce, perché è in carcere da più di vent’anni, ed è stata allevata dalla madre, Sylvie, e dal suo nuovo compagno Richard. Un giorno Daniel, scontata la pena, si presenta in famiglia per conoscere la nipote.

 

Un film francese – commedia o dramma che sia – dove il punto debole è la sceneggiatura per me è sempre una contraddizione in termini, un ossimoro, quasi un’eresia, dato lo spessore del cinema d’oltralpe.

“Gloria mundi” di Robert Guédiguian, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, ha proprio questo limite. La storia è semplice, banale, l’approfondimento psicologico dei personaggi debole, tanto da non permettere a chi guarda di entrare in sintonia con loro e la loro storia.

Nonostante il regista torni ad affrontare temi cari al suo cinema – la crisi, l’effetto del capitalismo sui legami familiari e d’amicizia, la famiglia e il suo disfacimento – al film manca qualcosa. O meglio, quello che trasmette è una sensazione di già visto piuttosto che di novità.

Tra le righe si intuisce l’intenzione politica, anti-Macron, di “Gloria mundi”, ma il suo sviluppo è poco marcato. Dove Guédiguian avrebbe dovuto calcare la mano si ha la sensazione che abbia preferito giocare di fioretto. Peccato.