George R.R. Martin è croce e delizia – soprattutto croce, bisogna essere onesti! – dei suoi fan da anni. L’attesa per il sesto romanzo delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, “The winds of winter”, si sta infatti protraendo da tempo quasi immemore – ricordiamo che il quito capitolo è uscito in inglese nel 2011.
In questi dieci anni, però, Martin ha messo mano ad altri progetti – cosa che da un lato ha allietato l’attesa dei lettori, dall’altra li ha fatti imbestialire, se possibile, ancora di più! Uno di questi è “Fuoco e sangue“, il primo volume della storia di Casa Targaryen, l’unica famiglia di signori dei draghi a sopravvivere al Disastro di Valyria.
La loro storia ha inizio sotto il leggendario Aegon il Conquistatore, creatore del Trono di Spade insieme alle sorelle/spose, per proseguire con le generazioni di Targaryen che combatterono per difendere quell’iconico scranno, fino alla guerra civile che quasi ne dilaniò per sempre la dinastia – e che il pubblico ha potuto iniziare a vedere nella serie “House of the Dragon”.
In questo avvincente resoconto, narrato dalla penna di un antico maestro della Cittadella, i frammenti e gli accenni che Martin ha disseminato nelle “Cronache” vengono ampliati e approfonditi, dando vita a un portentoso affresco. Com’è stato forgiato il Trono di Spade? Perché era così micidiale visitare Valyria dopo il Disastro? Quali sono stati i peggiori crimini di Maegor il Crudele? Cos’è veramente successo durante la Danza dei Draghi? Sono solo alcune delle domande cui viene data risposta.
Dopo aver letto che “Fuoco e sangue” è, di fatto, una cronaca storica, scritta quindi con uno stile piano da un personaggio esterno alle vicende, il fantomatico arcimaestro Gyldayn della Cittadella di Vecchia Città, vissuto in un periodo compreso tra gli ultimi Targaryen e Robert I Baratheon, ero un po’ scettica sulla sua effettiva leggibilità. In realtà, lo stile e la lettura sono coinvolgenti – al di là di qualche errore nella traduzione, specialmente per ciò che riguarda le età (nine and forty si traduce quarantanove, non novantaquattro!!!); una volta che ci si è fatto l’abitudine è un piacere andare avanti e un dispiacere concludere la storia.
Il narratore “mette le mani avanti”, e fin dall’inizio dichiara di aver ripreso per la sua ricostruzione degli eventi del passato non solo le fonti ufficiali ma anche le versioni alternative raccolte da personaggi minori, come ad esempio il buffone di corte Fungo. Questo dà modo a Martin di raccontare uno stesso episodio da più punti di vista, di aprire la porta alle varianti e al dubbio. Come d’altra parte viene appuntato dal Maestro, “molti fatti si sono svolti dietro porte chiuse, quindi non sapremo mai come si sono svolti davvero”.
Il racconto si conclude con la fine della reggenza di Aegon III, nel 136 DC, quando il giovane raggiunge l’età per governare in autonomia, sedici anni. Nel secondo volume, che chissà quando uscirà (cos’altro aspettarsi, da Martin, se non incertezza totale in questo senso?), troveranno spazio le storie di Daeron I il Giovane Drago, Baelor I il Benedetto, Viserys II, Aegon IV il Mediocre, Daeron II, Aerys I, Maekar I, Aegon V l’Improbabile, Jaehaerys II e Aerys III il Folle.
E chiudiamo con una nota sulla storia editoriale del libro, che come sempre, quando si tratta di Martin e della Mondadori, non può che essere controversa. Nel mese di novembre è arrivata in libreria, con il titolo “L’ascesa del drago“, l’edizione illustrata. Titolo diverso, stessa storia… o quasi. Se la narrazione è arricchita da bellissime tavole illustrate (del tutto assenti dalla precedente pubblicazione, a differenza dell’originale inglese), la parte scritta è stata rimaneggiata e sensibilmente accorciata. Io consiglio quindi di leggere l’originale, al netto della bellezza visiva.