È arrivato il giorno dedicato alle mamme, una delle ricorrenze civili più amata al mondo, che cade quest’anno, in Italia, il 14 maggio.
Come vi abbiamo raccontato nella rubrica I Fantastici 4 – se avete perso le nostre 5 proposte cinematografiche a tema, le trovate qui – nel nostro paese la festa non ha una data fissa, ma cade la seconda domenica del mese di maggio.
Ci auguriamo che abbiate già trovato il regalo giusto per omaggiare la persona che vi ha messo al mondo – con le mamme, si sa, basta il pensiero, quindi anche un biglietto o un augurio speciale andranno benissimo.
Se siete però a corto di idee e volete rimediare in tempi record, potreste prendere in considerazione un libro. Ecco le nostre 9 proposte, dai titoli più leggeri e ironici a quelli più impegnati.
NONSOLOMAMMA, Claudia De Lillo
Lei è una giornalista finanziaria. Ha due hobbit. Il più grande ha quattro anni, ama le donne, il cioccolato e “Il Signore degli Anelli”. Da grande farà il cavaliere Jedi. Il più piccolo ama le papere e le scarpe. Nei suoi quasi due anni di vita ha detto «sì» una volta sola e se n’è subito pentito. Lei ha un marito part-time che passa buona parte del suo tempo a Londra, dove lavora e dove probabilmente ha una vita parallela. Insieme a loro c’è spesso Valentina Diolabenedica, la baby-sitter. Abitano a Felicity Place, intorno c’è Milano. Lei ha i piedi per terra, i capelli a carciofo e un cronico senso di colpa. Ha giornate complicate e notti impegnative. Lei è un’elasti-mamma, nel bene e nel male.
PICCOLE DONNE ROMPONO, Lia Celi
Antesignana di tutte le mamme blogger, Lia Celi ha iniziato la sua carriera di mamma imperfetta nel 1998, quando travaglio significava solo “dolori del parto”, non “giornalista scomodo”. Per collegarsi a Internet c’erano i modem analogici, e anche le mamme erano analogiche. Cioè, si sbattevano solo tra famiglia e lavoro, non tra famiglia, lavoro, palestra, estetista e Facebook. Non esistevano ancora le Milf, e nemmeno le mamme imperfette – o meglio, esistevano eccome, ma non erano state sdoganate. Erano una maggioranza silenziosa e ansiosa, tormentata dall’impari confronto con il fantasma della Mamma Perfetta, o con la sua ultima (sedicente) incarnazione: la suocera. Da allora la famiglia di Lia è diventata un clan numeroso e bizzarro, dove i bimbi si partoriscono in casa e vengono svezzati a tortellini, il papà disegna fumetti, la tv è quasi sempre spenta. E chi ne ha bisogno, con tre ragazzine? Emma, the Brain, Gioconda, the Body e Iris, the Voice, bastano a riempire il palinsesto quotidiano di commedie, tragedie e cabaret, talent show e sport.
UNA MADRE LO SA, Concita De Gregorio
La storia di Brooke Shields, che partorisce a 38 anni la piccola Rowan e non smette di piangere dal primo istante in cui gliela mettono in braccio e scivola in una tremenda depressione da cui si riprenderà solo molti mesi dopo, e quella di Valentina Vezzali, il “cobra”, che dopo appena diciotto giorni dalla nascita del figlio Pietro riprende gli incontri di scherma e le bastano tre mesi di allenamento per vincere i campionati del mondo. La storia delle madri di Plaza de Mayo, a cui la dittatura argentina ha rubato i figli, e quella di Mercè Anglada, ostetrica di 44 anni, che per aver dedicato l’intera vita a far nascere i figli degli altri non si è mai sposata e non ne ha mai avuti di propri. Storie di madri e di maternità, storie di amore e di paura, storie di gioia e di terribili depressioni.
L’INVENZIONE DELLA MADRE, Marco Peano
Questa è una storia d’amore, tra una madre e un figlio. Lei è malata, ha poco tempo, e lui, Mattia – sapendo che non potrà salvarla – dà il via a un’avventura privatissima e universale: non sprecare nemmeno un istante. Ma in una situazione simile non è facile superare gli ostacoli della quotidianità. La provincia in cui Mattia abita, il lavoro in videoteca che manda avanti senza troppa convinzione, il rapporto con la fidanzata e con il padre: ogni aspetto della sua vita per nulla eccezionale è ridisegnato dal tempo immobile della malattia. Un rifugio sicuro sembrano essere i ricordi: provare a riavvolgere come in un film la memoria di ciò che è stato diventa un esercizio che gli permette di sopportare il presente. Ma è davvero possibile sfuggire a se stessi?
IN NOME DELLA MADRE, Erri De Luca
L’adolescenza di Miriam/Maria smette da un’ora all’altra. Un annuncio le mette il figlio in grembo. Qui c’è la storia di una ragazza, operaia della divinità, narrata da lei stessa. L’amore smisurato di Giuseppe per la sposa promessa e consegnata a tutt’altro. Miriam/Maria, ebrea di Galilea, travolge ogni costume e legge. Esaurirà il suo compito partorendo da sola in una stalla. Ha taciuto. Qui narra la gravidanza avventurosa, la fede del suo uomo, il viaggio e la perfetta schiusa del suo grembo. La storia resta misteriosa e sacra, ma con le corde vocali di una madre incudine, fabbrica di scintille.
IL SOGNO DI MIA MADRE, Alice Munro
“Ogni vita e ogni grande opera letteraria – sostiene Antonia Byatt – contengono elementi del probabile e insieme fratture e disastri. L’interesse di Alice Munro è da sempre rivolto sia al tessuto della normalità sia al colpo di forbici che lo taglia di netto. In questi racconti continua a vedere e registrare la quotidianità terrestre. Ma sembra guardare oltre. Le vite umane amorosamente raccontate vanno e vengono a lampi, interrotte dal disastro. Sono storie di morti violente, di nascite altrettanto violente e di un solo, terrorizzante, commovente aborto descritto con precisione”. Un’autrice che possiede la sovrumana capacità di squarciare con la scrittura l’apparenza delle vite ordinarie, rivelandone i risvolti straordinari e oscuri.
DUE PARTITE, Cristina Comencini
Anni ’60, quattro donne giocano a carte. Ogni giovedì, da molti anni, si riuniscono per fare una partita, chiacchierare, passare il pomeriggio. Portano con sé le loro bambine che giocano nella stanza accanto. Nessuna di loro lavora, fanno le madri, le mogli, si conoscono da molto tempo. Durante il primo atto della commedia vediamo intrecciarsi le loro storie tra comicità ed emozioni. Secondo atto oggi, quattro donne s’incontrano in un’altra casa, sono vestite di scuro. Si sono riunite dopo il funerale di una delle loro madri che si è suicidata. Capiamo che sono quelle bambine che nel primo atto giocavano nella stanza accanto. A poco a poco le colleghiamo una dopo l’altra alle madri. Due epoche, due modi di essere donne. Sono più felici queste donne, più realizzate? A tratti pare essersi spezzata una catena, meglio o peggio, chi lo sa?
PHILOMENA, Martin Sixsmith
Quando Martin Sixsmith, noto giornalista in cerca di nuova occupazione, accetta di incontrare quella donna sconosciuta, non ha molte aspettative. Ma poi, la donna lo invita a indagare sul segreto che, dopo un riserbo di quasi cinquant’anni, la madre Philomena le ha svelato, e il suo istinto da giornalista non sa tirarsi indietro. Philomena è poco più che una ragazzina quando rimane incinta. La società irlandese del 1952 la considera ormai una “donna perduta”. Rinchiusa in un convento, poco dopo darà alla luce Anthony. Per tre anni si occupa di lui tra quelle mura, fino a quando le suore non glielo portano via per darlo in adozione a una facoltosa famiglia americana. Non c’è stato giorno da allora in cui Philomena non abbia pensato al suo bambino, senza mai abbandonare il sogno di ritrovarlo, e cercando in segreto di rintracciarlo. Nella sua ricerca, Martin porterà alla luce segreti, ipocrisie e soprusi occultati per anni e annoderà le fila di due anime separate alla nascita e spinte l’una verso l’altra da una sete d’amore inesauribile.
DI MAMME CE N’È PIÙ DI UNA, Loredana Lipperini
Il Palazzo d’Inverno di Pechino era luogo di meraviglie e splendore. L’imperatore della Cina, che deteneva il potere più alto, era prigioniero del suo palazzo, proprio in virtù di quel potere. Anche la maternità è un Palazzo d’Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. Per secoli è stato l’unico potere concesso alle donne, e oggi torna a essere prospettato come il più importante. Lo ribadiscono televisione, giornali, libri, pubblicità, blog. Alle donne, in nome del nuovo culto della Natura, si chiede di allattare per anni e di dedicare ogni istante del proprio tempo ai figli. Oppure, se proprio vogliono lavorare, devono diventare “mamme acrobate” in grado non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma di farlo con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta. Nell’Italia dove il mito del materno è potentissimo, per le madri si fa assai poco sul piano delle leggi, dei servizi, del welfare, dell’occupazione, dell’immaginario. Ma invece di unirsi, le donne si spaccano: le fautrici dei pannolini lavabili contro le “madri al mojito”, madri totalizzanti contro le madri dai mille impegni, femminismi contro femminismi.