Era nato il 22 agosto 1920 a Waukegan, in Illinois, Stati Uniti, Ray Bradbury, conosciuto soprattutto come scrittore e innovatore del genere fantascientifico, ma nel corso della sua carriera anche sceneggiatore per il cinema.
“Fahrenheit 451”, pubblicato nel 1953, è sicuramente il suo romanzo più noto, un racconto distopico che mette nero su bianco i rischi di una società che mette al bando la cultura, e brucia i libri. E da cui nel corso del tempo sono stati tratti adattamenti per il grande e il piccolo schermo.
Vediamo insieme le 10 frasi più suggestive del libro.
Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla solida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l’uomo premette il bottone dell’accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo.
Ognuno deve lasciasi qualcosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato con il nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato, noi si sia là.
Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.
Ci si domanda il perché di tante cose, ma guai a continuare: si rischia di condannarsi all’infelicità.
Questa è la cosa meravigliosa dell’uomo: che non si scoraggia mai, l’uomo, o non si disgusta mai fino al punto di rinunciare a rifar tutto da capo, perché sa, l’uomo, quanto tutto ciò sia importante e quanto valga la pena di essere fatto.
I buoni scrittori toccano spesso la vita. I mediocri la sfiorano con una mano fuggevole. I cattivi scrittori la sforzano e l’abbandonano.
Non sono i libri che vi mancano, ma alcune delle cose che un tempo erano nei libri. Le stesse cose potrebbero essere diffuse e proiettate da radio e televisioni. Ma ciò non avviene. No, no, non sono affatto i libri le cose che andate cercando. Prendetele dove ancora potete trovarle, in vecchi dischi, in vecchi film, e nei vecchi amici; cercatele nella natura e cercatele soprattutto in voi stessi. I libri erano soltanto una specie di veicolo, di ricettacolo in cui riponevamo tutte le cose che temevamo di poter dimenticare. Non c’è nulla di magico, nei libri; la magia sta solo in ciò che essi dicono, nel modo in cui hanno cucito le pezze dell’Universo per mettere insieme così un mantello di cui rivestirci. Naturalmente, non potevate sapere tutto ciò, così come non potete ancora comprendere che cosa io intenda precisamente quando dico tutto ciò.
Riempiti gli occhi di meraviglie, vivi come se dovessi cadere morto fra dieci secondi! Guarda il mondo: è più fantastico di qualunque sogno studiato e prodotto dalle più grandi fabbriche.
Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo.
Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema, o lo tormenterai; dagliene uno solo; meglio ancora, non proporgliene nessuno.