di Alessandra Pappalardo
Un film di Lili Fini Zanuck. Con Eric Clapton. Documentario, 135′. Gran Bretagna, 2017
Nato nel 1945 a Ripley, paesino del Surrey, il chitarrista bianco più famoso del mondo scopre all’età di nove anni di essere figlio della sorella maggiore e che i suoi nonni sono subentrati a lei nella funzione di genitori. Con questo incipit da tragedia greca e la voce over di Clapton che accompagna la narrazione come in una seduta psicanalitica, si apre una monografia ricchissima di materiali, che, pur attraversando la storia del rock e del blues, segue la pista emozionale, l’evoluzione dei sentimenti post traumatici del musicista. La scoperta choc dell’infanzia, l’amore frustrato per Pattie Boyd (già moglie dell’amico George Harrison), la scomparsa dell’anima gemella Jimi Hendrix, la dipendenza dall’eroina, il lutto per il figlio Conor nel 1991 e la palingenesi con la creazione del centro di recupero Crossroads ad Antigua.
Le vicende più intime della vita di una leggenda vivente della musica, il chitarrista britannico Eric Clapton, in un documentario dal taglio classico. “Life in 12 bara” di Lili Fini Zanuck non brillerà per originalità ma il personaggio che tratteggia è talmente affascinante che il successo è – quasi – garantito.
Dall’infanzia segnata dal rifiuto della madre biologica ai primi successi, dalla dipendenza da droga e alcol alla perdita del figlio Conor: il racconto della Zanuck – intimista, schietto, emotivamente coinvolgente – è la storia di una catarsi. Di come la rabbia e la frustrazione si siano trasformate in accordi e la musica sia diventata un mezzo salvifico per esprimere le emozioni e per lenire i dolori più profondi.
Eric Clapton calca i palcoscenici più importanti del mondo, duetta con Paul McCartney, sviluppa un amore-ossessione nei confronti della moglie dell’amico George Harrison. Dal sentimento, non corrisposto, per Pattie Boyd nascerà una delle canzoni di maggior successo dell’artista, “Layla”.
Ma il dolore più grande, da trasmutare attraverso la musica, fu per Clapton la perdita del figlio, nato dalla relazione con l’attrice italiana Lory Del Santo, scomparso tragicamente a soli 4 anni per una caduta accidentale da un grattacielo di New York il 20 marzo 1991. “Tears in Heaven”, scritta nel 1992 insieme a Will Jennings e dedicata al piccolo Conor, figura nella lista dei 500 migliori brani musicali secondo Rolling Stone.
Quello che poteva essere il colpo di grazia per una persona già provata da un passato fatto di abuso di sostanze e traumi emotivi non superati, diventa un’occasione catartica che, a ritmo di blues, nota dopo nota, scandisce l’inizio di una nuova vita e di un successo definitivo, frutto della maturità acquisita.