“Elvis”: un biopic che è spettacolo, intrattenimento e grande recitazione

Baz Luhrmann racconta ascesa e caduta del Re della musica, con un grande Austin Butler

Un film di Baz Luhrmann. Con Tom Hanks, Austin Butler, Luke Bracey, Dacre Montgomery, Richard Roxburgh. Biopic. USA 2022

Nascita, crescita, apoteosi e inizio di declino di Elvis Aaron Presley, il mito di più generazioni, vengono raccontati e riletti dal punto di vista del suo manager di tutta una vita: il Colonnello Tom Parker. È lui che accompagna, con voce narrante e presenza in scena, la dirompente ascesa di un’icona assoluta della musica e del costume mentre si impegna, apertamente ma anche in segretezza, per condizionarne la vita con il fine di salvaguardare la propria.

 

Negli ultimi anni Hollywood si è buttato a capo fitto sui biopic delle leggende musicali – “Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer e Dexter Fletcher del 2018 e “Rocketman“, sempre di Fletcher, del 2019 due recenti esempi riusciti del filone. 

Ma se raccontare la vita di un mito è complicato, figurarsi quella del Re! Baz Luhrmann ha deciso di cimentarsi nella sfida, portando sul grande schermo la parabola di Elvis Presly, dalla nascita all’apoteosi fino all’inizio del declino. Era una sfida complessa ed eccitante, e c’era grande attesa a Cannes. 

Ebbene, possiamo dire che il funambolico Baz è uscito nel complesso vincitore. “Elvis” è un film intenso e profondo, musicale nel senso buono del termine, che celebra il re ma racconta anche la sua carriera e vita privata con il giusto grado di drammaticità. L’inserimento in una precisa cornica storica e sociale conferiscono al progetto anche maggior spessore e forza. 

La sceneggiatura è costruita intorno a tre “personaggi”: il cantante di Tupelo, Mississippi (interpretato in modo magistrale da Austin Butler, che scompare letteralmente nel ruolo); il suo agente di tutta una vita, il colonnello Tom Parker (Hanks), che condizionerà la vita di Elvis anche in modo molto pesante; il pubblico, coloro che hanno amato e adorato “The Pelvis” ma che, a loro modo, hanno anche contribuito alla sua parabola di gloria e distruzione. 

Luhrmann insiste molto sull’effetto culturale e potremmo dire quasi antropologico che la musica e la presenza scenica di Elvis Presley hanno avuto sulla società americana. Per quello che riguarda la carriera del Re, vengono messe in risalto le sue origini, la sua crescita musicale in una comunità nera e in una famiglia umile e conservatrice, e il ruolo di Parker, che non fu solo agente, ma mentore. 

Tom Hanks si è calato con buona naturalezza ed efficacia in questo insolito quanto ambiguo ruolo, riuscendo nel compito, non facile, di non risultare solo come il cattivo di turno, l’approfittatore, ma mostrandosi in tutta la sua complessità. 

In “Elvis” non vengono censurate le debolezze e i vizi del protagonista, e questo favorisce la connessione emotiva tra il personaggio e lo spettatore. Un biopic soddisfacente, insomma, che fa ballare e cantare, sulle note di canzoni entrare nella storia della musica.